Metafisica essenziale del Giano bifronte

«…una relazione armonica deve esistere nell’Uomo Cosmico […] Lo studio di questa armonia costituisce la chiave dell’esoterismo. Esiste così una scienza esoterica, dal momento che esiste una proiezione dell’Universo nel corpo umano, corpo d’esperienza e, per così dire, atlante di tutte le situazioni spaziali cosmiche»
(R.A. Schwaller de Lubicz, La scienza sacra dei faraoni)

 

La figura della divinità “a doppia faccia” più popolare nel mondo moderno è, con buona probabilità, lo Ianus Bifrons dell’antica romanità (1). Esso appare sotto diverse forme, in due facce barbute o imberbi, giovani o anziane, e finanche viene talvolta interpretato, da Guénon ad esempio, come Ianus androgino, unione di Janus e Jana (2). Numerose sono anche le sue interpretazioni astrologiche, legate in particolare al solstizio d’inverno ed a quello estivo, quelle iniziatiche e quelle geografiche, riferite tipicamente all’entrata ed all’uscita di un dato luogo, ma anche quelle antropologiche e psicologiche. Ma è sul suo significato metafisico e macrocosmico che nel presente testo intendiamo concentrarci, sullo Ianus Bifrons specificamente henologico e quindi al di là anche di ogni polarità divina maschile e femminile.

Sculture antropomorfe bifronti si ritrovano anche in simbologie precedenti al periodo romano, e potremmo anzi dire che sin dalle civiltà più antiche storicamente conosciute, quelle mesopotamiche, vi si rintraccia una presenza.

Figura 1.
Figura 1.

Marduk, il Dio poliade della città di Babilonia, era una divinità a quattro occhi, quattro orecchie e due nasi. Nato già adulto e pienamente virile, egli era rappresentato con fattezze doppie e perfette. Non era, tuttavia, una divinità primigenia (3). Interessante, forse proprio come sua rappresentazione, una scultura litica antropomorfa bifronte, proveniente proprio dall’area babilonese (Fig.2).

Figura 2.
Figura 2.

Numerosi sono i reperti, in Oriente come in Occidente, che sono assimilabili al “bifrontismo” (4). Ma nella presente analisi, ci limiteremo a considerare quei casi di divinità bifronte che abbiano una correlazione sufficientemente chiara e distinta con una forma religiosa o, più specificamente, con una entità metafisica e macrocosmica; va da sé, infatti, che le interpretazioni di una doppia faccia possono essere pressoché infinite, rappresentanti polarità sia microcosmiche che macrocosmiche.

Una seconda divinità macrocosmica, associabile al bifrontismo, è il Dio Agni indù, divinità del fuoco, figlio del cielo e della terra, rappresentato solitamente con due teste, quattro braccia e tre gambe. Anche Agni, come Marduk, non è considerato una divinità primigenia.

Similmente, associabili a divinità non primigenie, e rappresentati come bifronti, furono nell’antichità greca Kronos (il Saturno romano) e Borea.

Il Giano romano ci pare, invece, avere una particolare correlazione con il Culsans etrusco (5), similmente bifronte e connesso ad un “passaggio” (6) o “porta” (7) al pari di Ianus. È proprio questo riferimento ad una “soglia” che ci porta ad associare, tanto Ianus quanto Culsans, ad una divinità primigenia e macrocosmica e, per deduzione, ad una “soglia” microcosmica individuale, di tipo iniziatico. D’altra parte, sia Ianus che Culsans non risultano discendere, nelle rispettive cosmogonie, da divinità superiori in senso metafisico.

Figura 3.
Figura 3.

È da tali considerazioni, contemporaneamente macro e microcosmiche, che possiamo identificare Ianus come simbolo non certo di una «metafisica della soggettività» (Heidegger) di stampo cartesiano e moderno, bensì di una metafisica della individualità: una metafisica, cioè, ove si possa realizzare pienamente e concretamente l’universale noumenico in un Io assolutizzato non in senso idealistico tedesco ma, piuttosto, in senso evoliano.

Un Io, a nostro avviso, quest’ultimo, esprimente e realizzante una visione eminentemente monistica del Reale; un Io che, proprio per tale visione totalizzante del Reale, fin nella sua assolutezza, può perseguire la Via integrale della Liberazione, secondo la Scienza Sacra, in una delle due modalità ben espresse da René Adolphe Schwaller de Lubicz: «L’uomo corporale […] è una forma animata dall’Essere che ha la sua fissazione nell’essenza corporale, un sale indistruttibile. […] La fine di genesi, la resurrezione nell’Unità, può prodursi esclusivamente quando tutte le esperienze della vita corporale sono acquisite, il che può avvenire in un’unica volta nella via diretta, horiana o cristica (8), oppure richiede numerose reincarnazioni nella via indiretta; osiriana (9). Questa è la ragione delle due vie. È questa complessità di tutte le fasi e peripezie dell’Essere che viene descritta dal mito. La simbologia è qui indispensabile: da una parte a causa della universalità […] dei diversi aspetti della genesi e, dall’altra, per fare appello all’intuizione, che può condurre alla Scienza sacra che nessuna logica è in grado di rivelare. […] L’Armonia equilibratrice dell’Universo è sempre pronta a rispondere al richiamo armonico dell’Essere incarnato, quale che ne sia la forma attuale: dal minerale fino all’uomo. E l’uomo, attraverso la sua “coscienza psicologica” risvegliata dalla facoltà di negazione, ha il potere di aiutare nella realizzazione di questo momento propizio. Qui si colloca la possibilità di una invocazione al Neter (10), preghiera costante dell’Egitto […] Certamente, il fine dell’uomo è unico: quello di superare l’uomo mortale per entrare nell’Uomo cosmico, l’Uomo dei quattro orienti […]» (11).

la-teocrazia-faraonicaLa classica bipartizione tra religione esoterica ed exoterica, ridotta all’essenza, ci pare proprio da ricondursi alla doppia modalità di Liberazione espressa da Schwaller de Lubicz: ove, nello specifico, la Via diretta o esoterica è rivolta all’Assoluto; e la Via indiretta, o exoterica, è rivolta alla divinità essenziale del Reale. Sono queste, in nuce, le due facce di Ianus Bifrons dal punto di vista metafisico: il divino nelle due forme infinita e finita, a livello macrocosmico; e la Via umana al divino, nelle due forme diretta ed indiretta, a livello microcosmico.

Ianus Bifrons è da intendersi come unione di Ianus-Chaos (Apóllōn) e Ianus (Iovis, Zeus), assimilabili, rispettivamente, a Brahman Nirguna e Brahman Saguna, ad Ein ed Ein Sof, ed in generale alle due espressioni della divinità primigenia: in quanto Infinito o Assoluto ed in quanto Essere, o prima determinazione qualificata. A tal riguardo, annotiamo che nella metafisica cristiana, ci pare essere assente un corrispettivo del Brahman Nirguna o Assoluto: il Padre cristiano è divinità creatrice primigenia ma non assolutizzata, paragonabile all’Essere o Brahman Saguna. Ci pare, invece, che nella metafisica islamica manchi un corrispettivo del Brahman Saguna o prima determinazione qualificata, essendo Allāh inteso come il Dio Uno ed Unico (lā ilāha illā allāh, “non c’è nessun Dio se non Allah”), al di sopra di ogni determinazione. Forse, per tal motivo metafisico, la via islamica è apparsa ad alcuni studiosi contemporanei, sulla scia di Guénon, una via religiosa ove l’esoterico è tuttora vivente, in senso tradizionale.

Le terminologie di cui sopra si riferiscono, chiaramente, a quelle generalmente accettate come dottrina e non alla visione metafisica di singoli realizzati, aderenti a tali religioni. Si pensi, ad esempio, in ambito cristiano, all’Infinito come inteso dai due domenicani Meister Eckhart e Giordano Bruno; visioni, quest’ultime, che non hanno però sostanzialmente inciso sulla dottrina cristiana che è rimasta, in essenza, tomistica. S. Tommaso, ricordiamo, negò, giustamente a nostro avviso, l’idea di un Infinito ex parte materiae accettando solo un Infinito ex parte formae, inteso come qualità infinita ed attribuito al Padre. Non distinguendo, di fatto, la definizione di Infinito da quella di Essere (Padre): il che non è metafisicamente scorretto, trattandosi di due aspetti della stessa divinità creatrice, le due facce di Giano.

L’Infinito è tale come quantità e come qualità; l’Essere, la prima determinazione qualificata, non è quantitativamente infinito ma lo è qualitativamente; è tale qualità infinita che lo rende la “seconda faccia di Giano”, ossia la manifestazione (quantitativamente) finita dell’Infinito. Ogni qualità essente, parte dell’Essere, si può manifestare in infiniti gradi: in tal senso l’Essere è qualitativamente infinito. Ma definendosi come Essere, l’Infinito esclude da esso tutto ciò che non è quantitativamente definito: in tal senso, la quantità infinita non appartiene all’Essere. È chiaro che la qualità infinita e la quantità infinita astraggono da ogni relazione spazio-temporale, ed in quanto tali sono pure Idee, ossia una modalità umana di rappresentarsi il rapporto tra infinito e finito.

Note

1 Fig.1: Ianus Bifrons, Testa fittile di Vulci, II sec. a.C. (Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia). Ianus Bifrons lo ritroviamo ancora nel Medioevo nella figura di Gennaio bifronte (Cattedrale di Parma, XIII sec.).

2 cfr. R. Guénon, Simboli della Scienza sacra, Adelphi, Milano 1990. Janus-Jana o Dianus-Diana. (N.d.A.)

3 Marduk non era considerato, nella mitologia babilonese, un Dio Assoluto: egli era figlio di Ea, a sua volta figlio di Anu, discendente da Anshar e Kishar, questi a loro volta da Apsu (princìpio maschile) e Tiamat (princìpio femminile) e quest’ultimi, infine, dal Chaos primigenio. Si veda, per una completa genealogia divina, il poema teogonico Enûma Eliš.

4 Si rimanda, a questo proposito, all’indirizzo http://www.museoorigini.it/pagina22.html.

5 Fig.3: Culsans – Statuetta in bronzo rinvenuta a Cortona (Museo dell’Accademia Etrusca, Cortona).

6 G. Dumézil, Feste romane, Il melangolo, Genova 1989, p. 42.

7 Il termine Ianus pare derivare da ianua (“porta”, lat.), mentre Culsans da Culsu, divinità che nell’Etruria aveva il compito di custodire le porte.

8 La Via diretta è cristica non nel senso della religione cristiana, ma nel senso che è Via apollinea-solare, la via secca alchemica, la Via del Figlio che si svincola dal Padre (Essere, prima determinazione qualificata) e ricerca la piena consacrazione direttamente attraverso l’unione con l’Assoluto.

9 La Via indiretta è osiriana nel senso che è ricerca dell’unione con il Padre, Osiride, o prima determinazione qualificata. È la via umida alchemica.

10 Il Neter o Princìpio, nella religione egizia, rappresentava una divinità. Ricordiamo, tuttavia, che la religione egizia, al pari delle altre religioni tradizionali d’oriente e d’occidente, non era politeista bensì enoteista: le varie divinità erano intese come emanazioni di un’unica Fonte o Dio.

11 R.A. Schwaller de Lubicz, La teocrazia faraonica, Mediterranee, Roma 2000, pp.243-245.

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3 Responses

  1. Beatrice
    | Rispondi

    Scrivo per la prima volta e mi scuso in anticipo se non riesco a farlo con un vero e proprio elogio.

    Approfondisco l’argomento da diversi anni e mi ha incuriosito molto leggere questo articolo dalle premesse così accattivanti.
    Purtroppo, però, devo rilevare che, attraverso un linguaggio erudito eppure tendente a rendere difficile il facile, si riduce l’aspetto più intrigante della questione, ossia il confronto pulito e netto fra le “parentele” di identità di una faccia con quelle relative all’altra

  2. Andrea Di Cesare
    | Rispondi

    Vi ringrazio, ho letto attentamente. Potreste però anche ri-darmi (ho perso ogni riferimento dai tempi dell’Università) riferimenti alla dottrina di Kierkegaard? Per Kierkegaard il bifrontismo rappresentava una sorta di “categoria” morale molto importante. Se potete, Grazie. Andrea Di Cesare

  3. […] Fonti: Lettera43 | Fanpage.it | Wikipedia | Rome and Art | Centro Studi La Runa […]

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