Dal Capitale di Marx alla Repubblica di Platone

Autori Vari, Il libro nero del comunismo A volte ritornano. Marx, uno dei morti più defunti degli ultimi due secoli, è riemerso dalle limacciose acque liberali in cui era rimasto impigliato, e con ancora in tasca la sua ricetta contro tutti i mali. Qualcuno lo ha portato all’asciutto e, incredibile, ma vero, lo ha subito trovato diverso, cambiato, non è più lui: antimaterialista, stavolta. Idealista. Platonico. Possibile? Il filosofo Costanzo Preve, nel suo ultimo libro Filosofia del presente. Un mondo alla rovescia da interpretare (Edizioni Settimo Sigillo), azzarda l’idea trasgressivissima che il materialismo marxiano in realtà non esiste. Non è mai esistito. Esiste solo nella scolastica marxista. Marx era un idealista e un hegeliano rispettoso delle trascendenze dello Spirito Assoluto, tanto che, in realtà, dice Preve, è più vicino all’antica filosofia greca che ai suoi indegni scoliasti marxisti. L’idea, in effetti, è davvero trasgressivissima, è un rovesciamento del “mondo alla rovescia” di cui parla Preve, ma soltanto per i marxisti. Per la verità, lo sapevamo da un pezzo che Marx nulla aveva di scientifico, nulla di materialistico, tutta essendo fondata la sua serie di analisi e di profezie su un sistema di apriori mitico. Che dico, fantastico, inarrivabilmente utopistico. Le sue profezie sbagliate si basavano tutte sulla sbagliata idea a-priori che il mondo, una volta, illo tempore, all’alba del primo mattino, era buono, gli uomini agnelli, i beni alla portata di chiunque volesse goderne. E il miele scorreva a fiumi. Insomma ancora una leggenda, di nuovo una fiaba, e ci tocca berla ancora una volta, come il massimo dell’antagonismo di ultima generazione al potere mondiale liberale!

Il giardino dell’Eden, per chi ci crede, mena sovente agli inferni della storia, e si sa come è andato a finire il paradiso marxiano. E non vale dare la colpa ai marxisti. Scusate, ma è troppo facile. Qui è tutto un fare a scaricabarile. Il papa chiede perdono per duemila anni di soperchierie e gli va liscia. I marxisti buoni danno la colpa ai marxisti cattivi, e va di nuovo tutto liscio. I liberali USA da cent’anni fanno danni collaterali a colpi di eccidio, ma chiedono scusa in nome della democrazia, e va di lusso. I fascisti pentiti danno la colpa a quelli oltranzisti, e qui va già meno bene: loro devono abiurare, maledire, strisciare. E, in effetti, abiurano, maledicono e strisciano. A quando un nazista buono che ci parli bene del Nuovo Ordine Europeo, scusandosi per la cattiva applicazione fàttane dai cattivi interpreti? Poi chiederà scusa qualcun altro? Ci permettiamo di dire che il marxismo, dal punto di vista storico ­ o, se si preferisce, storicistico – è esistito soltanto ed esattamente perché sono esistiti i marxisti. E questi hanno fatto quello che hanno fatto. Non esiste alcun Platone senza polis, alcun Locke senza liberalismo inglese, alcun marxismo senza Lenin, alcun Vangelo senza papi, se non negli innocui libri di filosofia e di devozione. Questa è una considerazione di realismo hegeliano, a chi piace. I fatti valgono solo per i fascisti o anche per gli altri?

Alain de Benoist, L'impero interiore L’idea che Marx non è un materialista ma un mirabolante affabulatore di Utopia è vecchia quanto Marx. Solo i marxisti, prima del 1989, non ci volevano credere, e scoprirlo oggi li stupisce. Avevano prese per buone le sue battute, e lo credevano il guru di un futuro matematicamente immancabile. C’è da capirli, lo shock è stato violento. Ma si sono consolati alla svelta. Da subito andarono a frugare dalle parti di Platone. Platone al posto di Marx. Viva il compagno Platone! Poi capirono che non era il caso di insistere, e diventarono liberali in massa! Alla fine si sono piegati alle evidenze e, mentre molti di loro si acciambellano ai piedi del capitalismo vincente, che incensano con lo stesso turibolo con cui incensavano Lenin, altri tornano alla nostalgia di un sogno inespresso, male interpretato: insomma, non l’hanno capito come meritava, quel vecchio, diamogli ancora una possibilità! Dice: Marx, poi, non era neppure un progressista: l’elogio della borghesia rivoluzionaria nei confronti del feudalesimo reazionario, evidentemente, ce lo siamo sognato noi. Marx, in realtà, non voleva spingere la storia in avanti a calci, voleva tornare indietro. Ai Greci. Poiché, ci dice Preve, in realtà i Greci non erano affatto schiavisti. No, erano piccoli proprietari moderati, piccola borghesia egualitaria, par di capire che erano una specie di middle-class del new England, white collars per bene, aperti, certo democratico-comunitaristi. Peccato che la schiavitù sia documentata da Omero in giù, peccato che il sogno marx-rousseauviano sulla comunità originaria somigli molto a quello paradisiaco di tutti i naufraghi e i renitenti della storia, i fuggiaschi dalla realtà, quelli che si rifugiano tra le calde braccia del sogno a occhi aperti. Ma questi sono dettagli, inutili dettagli. Preve, studioso profondo e di indubbio talento ­ non a caso è emarginato dalla “sinistra”, ma non dalla “destra” (radicale, beninteso), molto più onesta e aperta degli asfittici e dittatoriali progressisti, ieri marxisti e oggi liberali ­, dice di voler superare gli opposti della vecchia suddivisione “destrasinistra”, ma non parla altro che di “destra” e di “sinistra”. A parte il governo e l’opposizione, è rimasto solo lui a parlarne. Difficile voler superare questa logora antitesi, rimanendo attaccati alla barba di Marx. E si arriva al paradosso di considerare De Benoist quasi di “sinistra” perché parla di differenzialismo e di anti-universalismo, condannando i bombardamenti umanitari, l’omologazione, il mercantilismo etc.: ma che altro dovrebbe dire? E in cosa consiste la meraviglia? Ma quando la “sinistra” ha avuto nel suo carniere questi ideali, nel corso della sua storia secolare? La “sinistra” è universalismo omologante, è progressismo economicista, è violento spegnimento di ogni differenzialismo, è egualitarismo livellatore.

La “sinistra” coincide con il liberalismo, di cui è frammento. Tutto il resto è antisinistra, anti-progressismo, aria libera. Occorre rovesciare Preve che rovescia i marxisti, e ricordare che la “destra” comunitaria non è quella cosa che si chiama “destra” e che è al potere. Quella è l’opposto, cioè la destra economica, sorella gemella della “sinistra”. Come dimostrano i fatti di ogni giorno, essa è molto più vicina alla “sinistra” che non alla concezione nazionale-popolare della comunità organica. Questi sono elementi base che fanno parte del primo giorno di scuola. I Greci. Possiamo parlarne, ma lasciamo perdere la “sinistra” e l’egualitarismo.

Simon Sebag Montefiore, Gli uomini di Stalin. Un tiranno, i suoi complici e le sue vittime Che c’entra l’egualitarismo con un sistema di idee che è l’opposto? Dice: ma l’eterno ritorno dei Greci non era eterno ritorno dell’eguale, era “visione dinamica della vita e aporetica della storia”: appunto, ma il dinamicismo della vita e la frattura storica non sono progressismo, ma il suo contrario. La visione aporetica è per l’appunto l’eterno ritorno, una parola spengleriana di frattura che non fa ritornare l’eguale ­ nessuno ha mai pensato che ritorni l’eguale, il ritorno ciclico è un’ellissi, caso mai ­ ma l’eternamente ritornante: la vita. E la vita non è progresso, se non per una mentalità mercantilista, acquisitiva, progressista e progressiva, emancipatoria dalla vita stessa. I problemi di un Greco del V secolo sono esattamente eguali ai nostri. Solo che lui, non appesantito dai demiurghi progressisti che intendono insegnare al mondo quello che deve e quello che non deve fare, li aveva risolti. E li aveva risolti nel senso della isonomia, l’eguaglianza di stirpe distribuita sulla diversità di rango: due cose diverse, ma complementari, che sono la caratteristica della democrazia greca, che era l’opposto della “democrazia” anglosassone parlamentarista oligarchica: la democrazia greca era fondata sulla gerarchia, sul governo dei migliori, sul senso dell’esclusivismo comunitario e, in più, su quella sciocchezzuola che era lo schiavismo. No, davvero, in tutto questo Marx non c’entra! Lo scherzo è divertente, ma rimane uno scherzo. L’ultima fase del nichilismo è la riduzione di tutti gli ambiti della vita a merce e di tutte le idee a poltiglia intercambiabile: così che alla fine nessuno ci capisce più nulla e nessuna idea rimane più in piedi. Una visione dinamica della natura, giusto alla maniera pagana, prevede che appunto alla natura si lasci fare il suo corso. E la natura non assembla il dissimile, lo discrimina, aggregando invece il simile con il simile. Semplicissimo. Questi erano i Greci, e non altro. E quanto alle aporie della storia, poi: l’eterno ritorno, cioè il tradizionalismo, che è il contrario del progressismo rettilineo, prevede per l’appunto che la forza delle idee, prima o poi, riemerga contro la violenza dell’omologazione e della mercificazione: di rivoluzioni vere, cioè di quelle che riconducono indietro, è piena la storia passata, e certo lo sarà anche quella futura. Una prima rivoluzione, cioè un primo ritorno all’indietro, lo fanno appunto i marxisti che sono passati dal Capitale alla Repubblica di Platone: il resto verrà da sé. Preve si chiede chi mai sarà in grado di scardinare il potere mondiale dei mercanti egualitari: è indeciso fra quale classe, quali “gruppi sociali” sapranno ­ marxisticamente ­ impugnare la falce e levare il martello della riscossa. Sommessamente, ci permettiamo di suggerire che non saranno certamente queste finzioni sociali a rovesciare le oligarchie USA, ma i popoli. I popoli ­ categoria naturale, pagana, ellenica, tradizionale, eterna, ed eternamente ignota ai marxisti – daranno la risposta che tarda: e la daranno a Preve come a Bush.

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Tratto da Linea del 20 marzo 2005.

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