L’esperienza dell’Apollo iperboreo

L’Apollo Iperboreo è la divinità che esprime la condizione primigenia dell’Umanità. La si potrebbe definire infanzia dorata. Quello stato ancora angelico di esseri non ancora pienamente discesi nel fiume del divenire.

Mentre l’umanità è uscita dalla condizione edenica dell’Età dell’Oro passando attraverso le esperienze dell’Età dell’Argento (in cui matura la separazione tra il divino e l’umano che rende necessaria il rito e la religione), dell’Età del Bronzo (in cui sorgono le grandi mitologie), dell’Età del Ferro (in cui si sviluppa il pensiero individuale che ha di fronte a sé la condizione materiale), vi è uno stato di coscienza profondo che ancora conserva lo splendore solare delle Origini. Questa condizione profonda viene simboleggiata dall’Apollo Iperboreo.

L’influsso della Spiritualità Apollinea è particolarmente forte nel Nord Europa. Agì in passato sulle antiche forme di spiritualità celtica, ma anche sui più arcaici Misteri Greci e sulla spiritualità imperiale romana. Si pensi ad Abaris, Aristea, Orfeo, Pitagora, Platone. Agli Oracoli di Delfi e Cuma. Al Principato Augusteo e al Magistero di Virgilio. Il filo d’oro della spiritualità apollinea collega il mitico popolo degli Iperborei ai Greci, all’Oracolo di Delfi, all’Oracolo di Cuma, all’Impero Romano e al Principato Augusteo che inaugura la sua Pax Triumphalis sotto il segno di Apollo. Il Puer annunciato da Virgilio sotto Augusto è appunto l’Essere che porta in sé la purezza delle origini e le forze solari dell’Apollo Iperboreo.

L’influsso apollineo si esercita anche nella regione nord-orientale, nella parte più vicina all’Europa. Ovvero in quella parte della Russia in cui vive maggiormente il sangue e lo spirito vichingo. La parte che rimase intatta dall’invasione mongola e poi dal successivo influsso animico che i Mongoli esercitarono anche dopo essere stati sconfitti. La Tradizione della Russia di Rjurik, Vladimir, delle libere città come Novgorod. Proprio in questa regione nord-europea è posto il germe dello sviluppo di un futuro ciclo di civiltà, al di là del tramonto dell’Occidente.

Per chi vive in Italia particolarmente importante è capire il significato esoterico della I Ecloga di Virgilio in cui si celebra il Principato di Augusto e si rievoca la Thule e della IV Ecloga in cui si annuncia il Puer, destinato a regnare con la Virtù del Padre e a preparare il ritorno dell’Età dell’Oro. Dal punto di vista operativo, l’evocazione della dimensione di purezza solare dell’Apollo Iperboreo si rende possibile la notte con la pratica del Sole di Mezzanotte. Essa va preceduta dalla Revisione della Giornata in cui il tempo si capovolge: si rivede infatti il giorno dall’ultima azione solare fino al momento in cui la giornata inizia. E’ dunque come un ringiovanimento eterico che ci riconduce alle scaturigini della vita. Dopo la revisione della giornata (o anche contestualmente ad essa) si evoca un Sole che sorge che splende in assoluta calma e purezza.

Né per mare o per terra troverai il cammino che porta agli Iperborei” diceva Pindaro in un suo verso ispirato. Infatti lo stato di coscienza iperboreo è oggi quello del sonno profondo senza sonno in cui l’anima si rigenera nella Pura Luce.

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2 Responses

  1. Fatbardha Demi
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    Il nome, che miracolosamente ci è pervenuto immutato dai primi storici, è una parola composta della lingua albanese: Ipe (aquila) + r (i)/sta + bore (neve) + al (Dio), in altre parole: albanesi, figli di Dio, che vivono in luoghi montuosi e coperti di neve. Questo è il corretto significato linguistico. Tutte le altre spiegazioni non reggono, perché gli autori antichi non conoscevano la lingua iperiota (albanese) e la chiamavano “barbarica”. Di conseguenza, il nome delle tribù iperboreali è ancora oggi un mistero per gli studiosi. Poiché la parola albanese “ipe” e “borë” non si trova nel dizionario greco, gli studiosi stranieri ipotizzano che Iperboreale significhi: “coloro che vivono oltre il vento del nord Borea”.

  2. Roberto mostacci
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    I latini vengono dai Siculi che erano terramaricoli, Latino falisco arcaici, dal abbandono delle terramare Padane nel bronzo finale insieme ai pelasgi sbarcati da Dodona alla foce del Po, come raccontano le antichità romane di Dionigi di Alicarnasso. La ceramica submicenea tornita prodotta nel loco a Fondo Paviani e Frattesina nel fiume Tartaro dei Titani nel bronzo recente e finale, conferma questo mito,a cavallo del abbandono repentino delle terramare a sud del Po attorno al 1200 aC per una siccità e epidemia, per non aver pagato le decime al pediocrate Adrano signore della piana. I depositi di asce in bronzo quattro volte più capienti e numerosi che altrove nel Tartaro, terminal del ambra baltica diretta al Peloponneso, vicino ai più grandi giacimenti di rame d’Europa,le Alpi orientali italiche. Inceveritori, confermano una sorta di monopolio delle materie prime e beni di lusso esotici nel Tartaro,e quindi è probabile che le altre terramare pagassero tributi alle terramare protovenete. Si pensa che il loro abbandono repentino provochi il collasso del bronzo finale nel 1178 aC nel levantino, dove la civiltà Micenea viene distrutta. Pilo segnala navi allo sbando da occidente verso oriente. L’ultimo re ittita Suppiluiliuma ll nel suo ultimo dispaccio a Ugarit,chiede informazioni sul popolo degli Sikala che viveva sulle navi, perché unica nazione di cui non sapevano nulla. l’abbandono di Hattusha prima della sua distruzione, è un mistero tutt’ora che potrebbe avere alimentato i miti troiani.

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