La fantascienza crea sogni e incubi sul dopo-internet

La fantascienza, com’è noto, un tempo si vantava di avere una caratteristica: quella di anticipare i tempi soprattutto sul piano scientifico. In realtà, non è esattamente questo lo «specifico» fantascientifico nonostante il suo nome ma, senza diffonderci in teorizzazioni, per ora notiamo come due dei marchingegni che hanno modificato,anzi stravolto, la nostra vita, il telefono cellulare e Internet, non siano stati precisamente previsti dalla science fiction. Viceversa sono stati subito approfonditi con una immediata denuncia dei pericoli, vale a dire la disumanizzazione dei suoi utenti. Nei romanzi, ma in maniera suggestiva soprattutto nei film, gli sviluppi della Rete sono stati affrontati in maniera anticonformista e visionaria.

In sostanza, si è risposto alla domanda: «Cosa c’è dopo la Rete?». Risposta semplicissima: si va nella Rete, ci si trasferisce dentro Internet! Non ci si riferisce qui tanto ad un sistema tipo «Second Life», ormai già in declino, dove si costruiscono «doppi» virtuali degli utenti che agiscono per conto di essi. Piuttosto l’effettiva creazione di un corpo umano digitalizzato che vive in un mondo digitale, attraverso la scomposizione in ordinate e ascisse, quindi in un codice numerico che lo ricostruisce integralmente all’interno dell’universo cibernetico.

A quanto pare a pensarci è stato prima il cinema e poi la letteratura. Risale infatti al 1982 il primo film non solo sull’argomento ma realizzato con degli stereotipi visivi che poi sono stati ripresi da tutti: Tron, realizzato dalla Disney per la regia di Steven Lisberger, racconta proprio questo, l’entrata di un gruppo di esseri umani in quello che ancora non si chiamava ciberspazio. Nel 2010, dopo quasi vent’anni, ne dovrebbe uscire il seguito: Tron Legacy. A creare, e rendere popolare, il termine ciberspazio è stato William Gibson, che due anni dopo, nel 1984, pubblicò Neuromante (Nord), l’opera che diede origine ad una corrente fantascientifica che un critico letterario chiamò allora cyberpunk e che tutti adottarono: questo genere di storie pone il problema di come la società verrà modificata dall’uso pervasivo di internet e mondi virtuali. In genere in peggio, grazie alla presenza di nuove mafie cibernetiche e di multinazionali senza scrupoli.

Gli scrittori italiani hanno portato un originale contributo al tema. Roberto Genovesi con Inferi on Net (Mondadori, 2000) ha previsto una applicazione «personale» di Internet: attraverso microchip applicati nell’occhio. Non solo: c’è la possibilità di entrare ed uscire nella Rete stessa direttamente, in quanto persone. Ma se si può entrare in essa, che cosa ne potrebbe uscire? I dèmoni informatici che tendono a condizionare l’essere umano: da qui il titolo.

Massimo Fini, Il Dio Thoth

Che il futuro cibernetico non sia un paradiso,ma appunto un inferno sembra essere il tema dominante di questa narrativa: Massimo Fini, un giornalista che non ha bisogno di presentazioni, ha pubblicato l’anno scorso Il dio Thoth (Marsilio), descrizione di una società tra qui a qualche decennio egemonizzata dall’informazione telematica, che, anche qui, raggiunge direttamente l’utente: si vive in un flusso continuo e condizionante di infotaitment senza soluzione di continuità.

A loro volta Dario Tonani con Infect@ (Mondadori, 2007) immagina nella Milano del futuro dei cartoni animati informatici che veicolano la droga elettronica universale, mentre Vittorio Catani con il recentissimo Il Quinto Principio (Mondadori,2009) descrive un altro prossimo pericolo, la Rete Elettronica Mentale che tiene costantemente tutti gli uomini in collegamento.

Ma forse l’esempio più cospicuo e coinvolgente della lotta fra uomo e macchina, fra mondo virtuale e mondo reale, è la trilogia cinematografica dei fratelli Wachowski, iniziata con Matrix (1999). Qui l’idea degli esseri umani che credono di vivere una realtà che è invece un sogno indotto dalle macchine per carpire loro l’energia vitale, è portata alle estreme conseguenze di intreccio e di visionarietà.

In conclusione, film e romanzi post-cibernetici, che immaginano il futuro della Rete, non sono in genere positivi, vedono quasi sempre un conflitto Reale/Virtuale, un annullarsi dell’individualità nel ciberspazio. Una messa in guardia in linea con quella di molti psicologi e sociologi.

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Tratto da Il Giornale del 21 gennaio 2010.

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Giornalista, vicedirettore della cultura per il giornale radio RAI, saggista ed esperto di letteratura fantastica, curatore di libri, collane editoriali, riviste, case editrici. E' stato per molti anni presidente, e successivamente segretario, della Fondazione Julius Evola.

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