La bellezza antimoderna

Due anni dopo l’uscita di Museologia e Tradizione, di cui avevamo dato conto su questo sito, la casa editrice Solfanelli ha pubblicato nella sua collana “Mnemosyne” una seconda raccolta di articoli di Riccardo Rosati, incentrati su museologia, estetica e politica culturale. Il nuovo libro ha per titolo La bellezza antimoderna. Riflessioni e denunce e si fregia di un’introduzione del prof. Claudio Mutti e di una postfazione di Annarita Mavelli.

Alcune linee di fondo del pensiero di Rosati emergono da tutti gli articoli qui riuniti, sia da quelli occasionali, come le segnalazioni di singole mostre o di musei, sia da quelli  di carattere più generale, dedicati a temi quali la museologia, le attività del Ministero dei beni e delle attività culturali o l’orientalistica (altro argomento a cui Rosati si dedica specificamente da molti anni, con diverse pubblicazioni all’attivo). La principale di queste costanti, probabilmente, è il rilievo dato da Rosati al primato culturale italiano: il concetto cioè che spesso viene declinato secondo il consunto slogan sul “Paese più ricco d’arte del mondo”.

In effetti, questa formula viene attualmente ripetuta in modo talmente scontato da risultare ormai uno stucchevole refrain a cui nessuno fa più realmente caso; il fatto, poi, che il concetto sia spesso espresso da alcuni tristi figuri – giornalisti, dignitari di partito, opinionisti televisivi – contribuisce a velare di un’ombra di menzogna e falsità, o quanto meno di dubbio, quel che per le generazioni passate era invece consapevolezza cosciente.

D’altra parte, la prova del fatto che gli Italiani abbiano in larga misura perduto la cognizione del valore del proprio patrimonio artistico, e del peculiare genio che lo ha prodotto, si ha constatando come i beni culturali siano tanto spesso tenuti nell’incuria, o vi si antepongano in importanza modelli culturali stranieri, specialmente d’oltreoceano. Più in generale, ne sono prova l’aumento dei reati contro l’ambiente, la spropositata accoglienza di allogeni e la parallela fuga all’estero di giovani autoctoni, la preferenza per mete turistiche esotiche, lo svilimento continuo di tutto ciò che è nazionale – dall’industria all’artigianato, dalla storia al costume.

Per Rosati, il cambiamento di questa tendenza deve avvenire con una riappropriazione, in altri termini con l’avvicinamento, la conoscenza e lo studio dell’arte, che nei musei trova la sua più naturale collocazione. La bellezza antimoderna conduce così attraverso un percorso di musei del tutto eterogenei, a testimonianza della straordinaria varietà di offerta culturale: dal Vittoriale degli Italiani, “un tesoro nato dall’estro stravagante di uno dei massimi scrittori del Novecento“, al Museo Civico d’Arte Siamese “Stefano Cardu” di Cagliari, che “custodisce la più ampia collezione d’arte thailandese presente nel Vecchio Continente e non solo“; dal curioso Museo degli Sguardi di Rimini, che “analizza la prospettiva occidentale verso le culture altre, segnatamente quelle primitive“, al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, le cui raccolte “spaziano dall’antichità, passando per tutta la evoluzione della ceramica europea — imponente è la sezione rinascimentale — fino alle opere contemporanee di artisti di chiara fama quali: Arturo Martini, Henri Matisse, Pablo Picasso“.

Particolarmente gradevole, nel libro, è la sezione dedicata all’Attualità dei Beni Culturali: vi sono raccolti articoli polemici, pubblicati in precedenza dall’Autore su alcune riviste. Un frequente bersaglio della vis polemica di Rosati è l’ineffabile ex ministro Dario Franceschini. “I musei chiudono, non solo nel Belpaese sia chiaro, e questi “studiosi da vernissage” guadagnano montagne d’oro per allestire perlopiù orride mostre di arte contemporanea“, scriveva in Mancano gli uomini. L’ineluttabile fine dei Beni Culturali italiani. Oltre a queste incursioni, Rosati si scaglia contro certe scellerate “marchette” dei precedenti governi politicamente corretti (la controversia su un possibile Museo del Fascismo, il Museo della Shoah a ogni costo, eccetera).

Come già il precedente Museologia e Tradizione, questo nuovo libro di Riccardo Rosati è certamente un contributo a realizzare ciò che saggiamente auspica Claudio Mutti nell’introduzione:

“Oggi i musei d’arte antica, medioevale, asiatica potrebbero svolgere una funzione educativa, qualora l’esposizione degli oggetti da essi conservati facesse appello non tanto al sentimento, quanto all’intelletto dei visitatori. D’altronde un’educazione conforme allo spirito che ha prodotto tali oggetti dovrebbe necessariamente fondarsi sulla filosofia e sulla teologia, poiché, secondo gli esponenti dell’estetica antimoderna, la funzione dell’opera d’arte non consiste nel procurare piacere ai sensi, ma nel condurre alla conoscenza”.

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Riccardo Rosati, La bellezza antimoderna. Riflessioni e denunce, Solfanelli Editore, Chieti 2017, pp. 176, € 14,00.

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Alberto Lombardo è stato tra i fondatori del Centro Studi La Runa e ha curato negli anni passati la pubblicazione di Algiza e dei libri pubblicati dall'associazione. Attualmente aggiorna il blog Huginn e Muninn, sul quale è pubblicata una sua più ampia scheda di presentazione.
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