Il “popolo eletto”

the-chosen-fewNon è un mistero per nessuno che la questione ebraica sia la chiave di interpretazione della storia mondiale. La supremazia che il “popolo eletto” ha conquistato nel corso della modernità ha avuto varie spiegazioni; alcuni hanno proposto tesi riferite alla storia più recente, in particolare alle rivoluzioni moderniste degli ultimi due tre secoli, altri hanno sostenuto tesi totalmente irrazionali o comunque non scientifiche, riferite alla benedizione divina o a poteri esoterici/paranormali di cui gli ebrei sarebbero dotati.

Pertanto è di grande interesse il libro The Chosen Few di  Maristella Botticini e Zvi Eckstein che analizza la questione ebraica prestando attenzione ad alcuni snodi cruciali della storia dell’Israele antico e medievale.

La tesi del libro è che dopo la distruzione del tempio da parte dei Romani l’Ebraismo abbia sentito in modo particolarmente urgente l’esigenza di preservare la propria cultura, di conseguenza divenne sostanzialmente obbligatorio per gli ebrei insegnare almeno ai figli maschi a leggere e a scrivere per poter conoscere i testi sacri. Nel tempo quindi le comunità ebraiche acquisirono un vantaggio sulle altre popolazioni che invece formavano una élite dirigente lasciando le masse nell’analfabetismo. Gli ebrei quindi avevano molte più possibilità di svolgere professioni qualificate pur avendo uno statuto giuridico che non concedeva la pienezza dei diritti.

La popolazione ebraica originariamente aveva una struttura sociale essenzialmente formata da agricoltori e pastori, non diversamente dalle altre civiltà dell’epoca. Il mondo ebraico si mostrò sempre geloso della propria identità anche nelle epoche più antiche, tuttavia la cultura era sempre appannaggio della classe dirigente, in special modo dei sacerdoti.

Questa era la situazione ancora al tempo di Gesù, poi le guerre giudaiche causano una netta diminuzione della popolazione: si stima che dai circa 8 milioni di ebrei dei primi anni dopo Cristo si sia passati a 5 milioni dopo la distruzione del tempio.

Per quello che le ricerche storiche ci permettono di arguire possiamo notare come dalla diaspora all’epoca di Maometto gli ebrei abbandonino gradualmente l’agricoltura per dedicarsi al commercio, all’artigianato, alle attività finanziarie. In alcuni casi si può vedere come il 70% della popolazione ebraica abbia abbandonato le campagne per dedicarsi ad attività svolte nel contesto urbano, soprattutto nella zona mediorientale dove risiedeva circa il 75% della popolazione ebraica.

Gli studiosi che hanno indagato le cause del successo sociale ebraico hanno generalmente insistito sull’importanza del capitale umano rispetto ai beni materiali e sulle persecuzioni che avrebbero rafforzato l’identità ebraica. Tuttavia queste tesi non sono abbastanza convincenti per Botticini e Eckstein.

Un pilastro del giudaismo, com’è noto, è la Torah, e al tempo delle guerre giudaiche si cominciano a notare raccomandazioni e ingiunzioni da parte dei sacerdoti ebrei volte a fornire un’istruzione di base a tutti i membri della comunità religiosa.

La distruzione del Secondo Tempio da parte dei Romani è un evento che nella coscienza ebraica ha un’importanza paragonabile all’Olocausto. La setta dei farisei si tenne fuori dai combattimenti durante le guerre giudaiche, di conseguenza fu il gruppo ebraico maggiormente consistente al termine del conflitto. Gli ebrei superstiti erano angosciati dall’idea che la loro religione potesse dissolversi per cui la dottrina giudaica da allora fu particolarmente attenta alla tradizione dei testi e all’istruzione necessaria per comprenderli.

Le norme religiose richiedevano che un padre di famiglia dovesse mandare i figli maschi in sinagoga per imparare i fondamenti della letteratura religiosa. Cominciò a formarsi l’idea che chi non insegnava ai figli i rudimenti della scrittura non fosse un buon ebreo e costituisse un rischio per la comunità. Naturalmente le popolazioni rurali, che non avevano alcuna istruzione, vedevano come una perdita di tempo la scuola per i bambini, ma la classe dirigente ebraica fu particolarmente attenta alla questione e cercò da una parte di venire incontro alle famiglie più bisognose, dall’altra si adoperò per isolare ed emarginare coloro che si ostinavano a non istruire i figli.

A volte gli impedimenti economici erano così forti da indurre alcune famiglie a convertirsi al Cristianesimo o ad aderire al paganesimo, ma la maggior parte degli ebrei seguì le raccomandazioni dell’autorità religiosa.

Nell’epoca della redazione del Talmud, fra il IV e il VII secolo, gli ebrei cominciano a caratterizzarsi come una popolazione con un elevato livello di istruzione. Nello stesso Talmud, in effetti, si notano una gran quantità di norme e indicazioni relative all’istruzione dei giovani.

Al tempo della nascita dell’Islam la maggior parte degli ebrei viveva nei centri urbani della Mesopotamia e proprio in questo periodo gli ebrei conquistano l’egemonia nel campo dei commerci e dei lavori specializzati: l’investimento in cultura cominciava a dare i suoi frutti. In una società formata in massima parte da analfabeti saper leggere e far di conto dava un vantaggio incommensurabile nel mondo del lavoro e della posizione sociale.

Nel periodo fra il 750 e il 900 questa tendenza non fa che aumentare anche nell’Europa occidentale: alcuni ebrei si spostavano in Spagna, in Sicilia, in Francia, in Inghilterra e pur essendo sottoposti a qualche limitazione, svolgevano professioni specializzate poco conosciute dalle popolazioni del luogo. Inoltre i mercanti ebrei erano in grado di organizzare tratte commerciali su lunghe distanze, arrivando alla Cina e all’India, e questo rinsaldava i legami fra le comunità ebraiche sparse nei vari territori.

Poco dopo l’anno mille in Europa cominciano a diffondersi documenti che definiscono lo status giuridico degli ebrei. Tali scritti vengono spesso indicati come discriminatori dalla storiografia ispirata al vittimismo istituzionale dettato dalla correttezza politica, ma in realtà avevano un carattere alquanto mite verso il popolo mosaico e anzi fornivano garanzie contro attacchi della popolazione o soprusi della nobiltà guerriera. La vita delle comunità ebraiche separate dal corpo sociale appare una scelta degli stessi ebrei piuttosto che la conseguenza di un’ostilità preconcetta delle popolazioni europee.

Le famose attività di prestito di denaro e di usura cui gli ebrei sono tradizionalmente associati erano favorite dall’esperienza e dall’organizzazione che le comunità ebraiche avevano accumulato già da secoli nel settore finanziario (il Corano è la prima fonte che accusa gli ebrei di essere usurai). Spesso gli ebrei erano in grado di fornire capitali in zone che non avrebbero avuto alcuna possibilità di attingere a fonti di finanziamento esterne.

Un cambiamento significativo avviene con la grande invasione mongola del XIII secolo: il Medio Oriente è sconvolto dalle orde mongole che compiono massacri  di vaste proporzioni, e le stesse comunità ebraiche vengono disgregate e sparpagliate: molti giudei vengono assimilati all’Islam, oppure migrano verso l’Europa. L’aumento della popolazione ebraica nel vecchio continente causa timori e inquietudini: è da questo periodo che i monarchi europei spesso decretano espulsioni e bandi nei confronti degli ebrei.

Nel complesso il libro di Eckstein e Botticini è uno studio importante che valuta aspetti della storia ebraica poco indagati dagli studiosi e che riporta la stessa storia degli ebrei e delle loro fortune a una dimensione molto più realistica della versione ufficiale cui siamo abituati, ispirata al trionfalismo messianico del sionismo.

Tuttavia un elemento che colpisce in questo libro è la sostanziale assenza della questione dei Kazari, che è affrontata di sfuggita soltanto in una nota finale. Secondo gli autori gli ebrei di tradizione ashkenazita dell’Europa dell’Est non sarebbero da collegare agli ebrei Kazari i quali sarebbero stati di tradizione sefardita. Ma l’enigma della tredicesima tribù è così complesso che richiederebbe uno studio apposito…


Maristella Botticini, Zvi Eckstein, The Chosen Few: How Education Shaped Jewish History 70-1492, Princeton University Press 2012, pp.326

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Michele Fabbri ha scritto il libro di poesie Apocalisse 23 (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2003). Quella singolare raccolta di versi è stata ristampata più volte ed è stata tradotta in inglese, francese, spagnolo e portoghese. Dell’autore, tuttavia, si sono perse le tracce… www.michelefabbri.wordpress.com
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