Il Mistero dei Misteri

“Il più malvagio degli umani non è ancora nato”.

Questa frase si legge nel libro di Ferdinand Ossendowski Bestie, Uomini, Dei. Il libro di Ossendowski fu pubblicato nel 1922, e se a quel tempo il più malvagio degli umani non era ancora nato, l’impressione è che all’inizio del XXI secolo i più malvagi dell’umanità non solo siano già nati, ma siano anche nella piena manifestazione dei loro poteri demoniaci, come possiamo constatare dagli abominevoli sviluppi del mondialismo…

In questa chiave la rilettura del classico di Ossendowski è tutt’altro che un esercizio erudito, e può ancora darci utili indicazioni per una interpretazione esoterica degli avvenimenti contemporanei.

Il recente saggio di Louis de Maistre Dans les coulisses de l’Agartha è uno studio di ampio respiro sull’autore polacco e sulla sua straordinaria avventura nelle lande asiatiche. Il libro di de Maistre costituisce un valido supporto per ripercorrere gli affascinanti temi dell’Agartha e del Re del Mondo, resi celebri da Guénon ma già conosciuti dalle tradizioni orali e dalla letteratura esoterica.

Le vicende narrate in Bestie, Uomini, Dei, incentrate sull’epopea del barone Ungern von Sternberg, sono poco note al grande pubblico, ma non sono affatto secondarie. In quegli anni non solo si svolgevano le ultime fasi della guerra civile fra Bianchi e Rossi nella Russia rivoluzionaria, ma si giocava un’importante partita a scacchi per il controllo dell’Asia fra la Russia, la potenza coloniale inglese, la Cina e il Giappone. La storiografia ufficiale sovietica dipingeva Ungern come una pedina manovrata dal Giappone, ma le cose sembrano stare diversamente: il “barone folle” era un guerriero romantico animato da una fede incrollabile negli ideali controrivoluzionari. Ungern von Sternberg, com’è noto, voleva conquistare la Mongolia per farne la base da cui scatenare le masse orientali contro l’Occidente, colpevole di aver abbracciato ideologie materialiste di cui il comunismo rappresentava la più mostruosa manifestazione. La vicenda di Ungern fu praticamente controproducente rispetto agli intenti originari: il “barone sanguinario” infatti liberò la Mongolia dai Cinesi, per poi essere travolto dai bolscevichi, col risultato che i Sovietici si impadronirono del grande paese orientale senza doversi scontrare con l’esercito cinese. Si tratta del primo episodio in cui una nazione viene conquistata da una potenza comunista.

Il libro di Ossendowski ebbe straordinario successo nel periodo fra le due guerre mondiali, e la traduzione in francese di Bestie, Uomini, Dei, fu un avvenimento culturale eccezionale. Per presentare l’opera al pubblico fu organizzata una tavola rotonda alla quale parteciparono l’autore, l’orientalista René Grousset, il filosofo cattolico Jacques Maritain e l’esoterista René Guénon.

Il pubblico si chiedeva se e in quale misura Ossendowski avesse ripreso il tema dell’Agartha da Mission de l’Inde di Saint-Yves d’Alveydre, il libro che aveva diffuso in Occidente la leggenda di origine orientale. Guénon sosteneva l’originalità di Ossendowski, ma con argomenti non molto convincenti. Per parte sua, l’autore polacco negava di aver letto il testo di Saint-Yves, ma l’analisi del suo libro dava adito a non poche perplessità sulla buona fede di Ossendowski. Alcuni esperti di viaggi, infatti rilevarono incongruenze notevoli nella descrizione di luoghi e distanze. Il racconto variava a seconda delle edizioni che venivano pubblicate nelle varie lingue. Inoltre alcuni particolari erano decisamente poco credibili: Ossendowski se la cavava con grande facilità in situazioni estremamente pericolose…

Lo stesso Ossendowski, in qualche occasione, ammetteva di aver scritto una storia alquanto romanzata.

Nella versione polacca del libro è riportato un singolare episodio in cui l’autore incontra, vicino al lago Tassoun, un villaggio abitato da individui dai capelli biondi e dagli occhi azzurri, che sarebbero stati discendenti di mercanti veneziani e genovesi che nel medioevo transitavano nella zona. Oltre alla scarsa verosimiglianza dell’episodio in sé, le caratteristiche somatiche descritte non lasciano pensare alle caratteristiche tipiche degli italiani. Ossendowski, inoltre, fu sempre un autore tanto prolifico quanto poco profondo, e mostrava di avere una conoscenza superficiale degli avvenimenti storici e delle religioni orientali.

Louis de Maistre ricostruisce le vicende biografiche di Ossendowski, che presentano non pochi tratti ambigui e misteriosi. Per quanto riguarda la formazione culturale di Ossendowski, sappiamo che fece sempre professione di un acceso anticomunismo, che era un cattolico modernista e che sul piano politico si poteva definire un liberale progressista. Il nostro autore sembrava coinvolto anche nell’affare Sisson, un insieme di documenti che sostenevano una tesi cospirativa volta a dimostrare che la Rivoluzione russa era stata sobillata dalla Germania per disimpegnare il fronte orientale e concentrare tutte le truppe in Occidente. In generale gli elementi disponibili sulla biografia di Ossendowski lasciano pensare che l’autore polacco abbia svolto attività di spionaggio per il fronte dei Bianchi e Louis de Maistre non esclude che possa anche aver fatto il doppio o il triplo gioco: la sua avventura in Oriente ha del miracoloso…

Un personaggio chiave nello scacchiere mongolo di quel periodo era il dr. Gay, un veterinario che certificava lo stato di salute dei capi di bestiame e che pertanto era fondamentale per l’approvvigionamento delle truppe. Ossendowski era particolarmente informato sulle attività del dr. Gay, e probabilmente stava raccogliendo informazioni su questo individuo. Il barone Ungern condannerà a morte il dr. Gay e tutta la sua famiglia perché era convinto che stesse lavorando per il nemico, anche se forse il veterinario fu vittima di sospetti ingiustificati. L’episodio lascia presupporre che Ossendowski fosse impegnato in delicate missioni di intelligence e che le sue informazioni fossero tenute in grande considerazione da Ungern.

Alcuni studiosi hanno anche ipotizzato che la mano di Ossendowski abbia prestato aiuto nella stesura dell’Ordine n.15, il celebre proclama di chiamata alle armi con cui Ungern intendeva scatenare la razza gialla contro l’Occidente. Il tono retorico del testo lascia presupporre l’intervento di persone che avessero qualche abilità letteraria, piuttosto che quello di militari poco avvezzi alla scrittura.

Il barone Ungern era anche un personaggio dai tratti “protonazisti”: ferocemente antisemita, sappiamo che ordinò un pogrom di ebrei dopo la conquista di Urga. Tuttavia nell’edizione inglese di Bestie, Uomini, Dei, l’episodio è passato sotto silenzio, e Ossendowski fa dire a Ungern che i suoi più stretti collaboratori sono tutti ebrei. Louis de Maistre ritiene che questa parte del libro sia una totale falsificazione della realtà, effettuata dall’autore per rendere il personaggio di Ungern più “accettabile” per il pubblico anglosassone.

Il tema del Re del Mondo, caro alla letteratura fantastica, si caricava anche di significati inquietanti nel suo rovesciamento demoniaco, al quale accennava anche Guénon nel libro che dedicò al tema. Ossendowski, infatti, in alcuni suoi scritti tornava sull’argomento riferendosi al misterioso sovrano col titolo di “Grande Sconosciuto” che richiamava ad un tempo il tema massonico dei “Superiori Sconosciuti” e il “Grande Fratello” di cui parlava il pensatore ebreo Jacob Frank. Questi accenni si inserivano in una cultura esoterica che all’epoca era molto diffusa (e che può farci ancora oggi capire tanti aspetti del mondo contemporaneo).

Louis de Maistre fa il punto anche sulle ipotesi circa l’origine del nome Agharti. Saint-Yves scriveva Aghartta, e la denominazione di Agharti potrebbe essere derivata da una località del Kazakhistan denominata Agartu, tenendo conto che nelle lingue turco-mongole la u finale si pronuncia come la u con Umlaut in tedesco. Esiste anche una località ungherese denominata Agard. Sappiamo anche della denominazione Agartus oppidum riportata da Lucio Ampelio nel III secolo e riferita a una città egizia. D’altra parte Jacolliot richiamava il nome Asgard dei miti nordici, e Saint-Yves chiamava in causa l’ebraico ageret che significa “epistola” e che avrebbe richiamato le epistole di Paolo.

Il mito di Agharti seduceva perfino alcuni intellettuali sovietici: nell’ambito di una missione scientifica inviata dalle autorità comuniste nella penisola di Kola, lo scienziato Aleksandr Bartchenko si prefiggeva, fra le altre cose, un’esplorazione per trovare l’eventuale entrata di Agharti.

Anche la fine di Ossendowski è legata a un evento enigmatico. Il 1 gennaio 1945 un ufficiale nazista visita l’autore polacco nella sua villetta vicino a Varsavia, i due si trattengono per qualche ora e il tedesco infine esce dall’abitazione con una copia di Bestie, Uomini, Dei. Testimoni e giornalisti dell’epoca hanno avanzato diverse ipotesi: l’ufficiale tedesco poteva essere un parente del barone Ungern, un certo Dollert che lavorava per i servizi segreti tedeschi e che nel dopoguerra si sarebbe fatto frate francescano ad Assisi. Nella copia del libro potevano esserci documenti riservati riguardanti le vicende di cui Ossendowski era stato testimone. Tuttavia si tratta solo di speculazioni e di ipotesi: il 3 gennaio 1945 Ossendowski muore portando nella tomba le sue eventuali conoscenze segrete circa il Re del Mondo. Nel dopoguerra il regime comunista polacco vieta la pubblicazione di Bestie, Uomini, Dei, e i lettori polacchi potranno riassaporare le pagine intriganti del libro solo dopo la fine della guerra fredda.

Il saggio di Louis de Maistre è un fondamentale testo di riferimento per approfondire le vicende narrate da Ossendowski, anche se buona parte dell’opera e della vita dell’autore polacco restano circondate da un alone di mistero. È importante, soprattutto, tener vivo l’interesse per l’epopea narrata in Bestie, Uomini, Dei non solo per l’affascinante tema del Re del Mondo che mantiene una valenza astorica, ma anche per le circostanze in cui è nato il libro. Ossendowski descriveva un episodio della Rivoluzione russa ricreando efficacemente la temperie apocalittica di quei momenti. Il mondialismo è il logico sviluppo del comunismo, e il clima di odio e di violenza descritto da Ossendowski è molto simile a quello che si respira nella globalizzazione…

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Louis de Maistre, Dans les coulisses de l’Agartha. L’extraordinaire mission de Ferdinand Anton Ossendowski en Mongolie, Archè, Milano 2010, pp.392

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Michele Fabbri ha scritto il libro di poesie Apocalisse 23 (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2003). Quella singolare raccolta di versi è stata ristampata più volte ed è stata tradotta in inglese, francese, spagnolo e portoghese. Dell’autore, tuttavia, si sono perse le tracce… www.michelefabbri.wordpress.com
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2 Responses

  1. paolo
    | Rispondi

    Il mondialismo discende non solo dal comunismo ma anche dal Nazi-Fascismo. Quantunuque sia Il Nazismo che il Fascismo si siano presentati alle masse facendo ricorso a simboli desunti dalla Tradizione Universale, è giocoforza riconoscere la natura in ultima analisi malvagia e sovversiva di entrambi i movimenti. Furono entrambi – soprattutto Il Nazionalsocialismo – goffe caricature della visione del mondo tradizionale.

    • claudio
      | Rispondi

      E quale sarebbe il "mondo tradizionale"?l'Impero Romano,il Cristianesimo o l'Islam,lo Zarismo,ecc.ecc.In realtà la Tradizione Universale non esiste ma esiste un miscuglio che ognuno può piegare ai propri desideri.Il mondialismo nasce proprio dai sistemi internazionalisti che ho citato perchè nei secoli si sono opposti alle Tradizioni e alle Sovranita' Nazionali fagocitandole e annullandole.

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