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Libri di fine anno

Le Lettere a Mircea Eliade di Julius Evola, oltre all’evidente interesse che rivestono, hanno il merito di rimettere ordine nella questione dei rapporti tra i due studiosi, che sono oggetto di pubblicazioni da molti anni: i tanti saggi pubblicati sull’argomento, che avevano finito per rendere un po’ caotica la materia, vengono qui ben riepilogati.

Ho finalmente letto un libro che avevo desiderato per anni, Il nomos della terra di Carl Schmitt. E’ veramente un testo che chiarisce concetti, stabilisce nessi, sviluppa idee, spaziando in molti campi diversi. Nella forma è un libro di storia del diritto internazionale, ma nella sostanza è un libro di filosofia politica. Ed è particolarmente rilevante per l’evidenza odierna del trapasso del diritto internazionale classico e l’ascesa di un nuovo diritto, se ancora si può chiamare così, che non ha più nomos – il suo fondamento territoriale – ma la cui radice ultima sembra essere un ibrido tra correttezza politica, rectius “valori”, e interesse particolare: mostro che compiace sufficientemente la superficialità contemporanea.

Mentre su Il nomos della terra sono rimasto per oltre un mese, Con Borges di A. Manguel mi ha preso poco più di un’ora. E’ piacevole come lo sono in genere le biografie per aneddoti. Di Borges e Bioy Casares ho letto successivamente i Racconti brevi e straordinari, pubblicato da Franco Maria Ricci, il cui gusto editoriale così barocco e femminile – stando a quanto riporta Manguel – provocava una gran irritazione a Borges.

Marco Zagni mi ha fatto avere tramite l’editore Mursia il suo ultimo libro, il corposo La svastica e la runa, che costituisce la prosecuzione più o meno esplicita del precedente Archeologi di Himmler (ed. Ritter). Probabilmente si tratta del testo più ricco di informazioni sull’Ahnenerbe pubblicato sinora in italiano; vi si possono trovare una gran quantità di riferimenti a fatti, biografie, riviste e case editrici, teorie, vicende storiche; i numerosi capitoli sono seguiti da documenti pertinenti e spesso tradotti per la prima volta. L’autore ha letto una gran mole di testi in diverse lingue e svolto una preziosa opera di riunione di materiale sparso. E’ davvero un peccato che nelle mani di Marco Zagni non sia capitato Deus Invictus di Franz Altheim, nella cui introduzione del prof. Giovanni Casadio l’autore avrebbe trovato elementi di straordinario interesse: non soltanto sul coinvolgimento dello stesso Altheim nell’operato dell’Ahnenerbe, ma anche sulle missioni all’estero che vennero pianificate e gestite dall’organizzazione di Himmler. La parte più curiosa del libro è quella in cui Zagni fa confluire le teorie e le ipotesi di lavoro degli studiosi Ahnenerbe e le esperienze della “ricerca di frontiera” odierna, per esempio con riguardo a certa archeologia sudamericana, lasciando intravedere alcune convergenze veramente curiose.

Dopo i soliti Simenon interlocutori (Maigret e l’omicida di Rue Popincourt e La pazza di Maigret) mi son goduto il bel librone fotografico Arctica. Esplorare i poli, che contiene immagini di eccezionale bellezza di alcune spedizioni dell’epoca eroica, in particolar misura dei viaggi antartici di Scott e Shackleton.

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