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Libri a coppie

La maggior parte delle mie ultime letture sono procedute a coppie di libri. Al Manifesto antimoderno di Luigi Iannone, di cui ho riferito nell’ultimo post, ho associato il breve L’ora che viene. Intorno a Evola e Spengler, un interessante volumetto a più mani pubblicato alcuni anni fa dalle Edizioni di Ar (articoli di Ingravalle, Damiano, Di Vona, Scandoglio e Buttafuoco). Interessanti le osservazioni sulla continuità di pensiero da Eracito ai neoplatonici sino a  Goethe e Spengler. Inoltre, di Franco Freda, L’albero e le radici, sul cui tema avevo già letto anni fa Il Fronte Nazionale. Col passare degli anni la preveggenza di ciò che sarebbe avvenuto viene tragicamente confermata.

Ho anche letto un classico, Cuore di tenebra di Conrad, che credo sia il suo romanzo più celebre, al quale fu anche ispirato Apocalypse Now. E’ tecnicamente perfetto, come si dice, ma mi ha un po’ deluso. Gli si potrebbe accostare Il barone Bagge di Alexander Lernet-Holenia, che presenta qualche elemento in comune: il protagonista, in entrambe i casi, riferisce una vicenda occorsagli nel passato, che lo ha profondamente segnato. Questa si situa in un territorio ai confini tra realtà vivida e onirica; la morte e la vita sono tortuosamente intrecciate. Lo stile di entrambi gli autori è notevole; quello di Lernet-Holenia mi è particolarmente congeniale – mi riprometto di leggere prossimamente altre sue cose.

Ho proseguito con la storia di guerra navale con Le navi fantasma di M. Poggi, avvincente racconto delle imprese corsare tedesche durante la Grande Guerra, e con Skagerrak! di Kühlwetter, sull’omonima battaglia del 1916 (che gli Inglesi chiamano dello Jutland). E ancora: R. Humble, Le navi del Terzo Reich (ed. Albertelli), che ripercorre la storia della guerra di superficie tedesca sino al suo tragico epilogo.

Poi due bei libri di Franz Altheim: Dall’antichità al medioevo (ed. Sansoni) e Deus invictus (ed. Mediterranee). Il prof. Giovanni Casadio, introducendo il secondo, segnala la spiacevole abitudine di Altheim di rielaborare intere parti di suoi libri o persino di riproporle immutate in altri testi. Ho dovuto riscontrare che è vero, ma devo aggiungere che questo è il principale rilievo che si possa muovere ad Altheim. La vastità delle sue vedute è prodigiosa; la capacità di cogliere nessi in tempi e spazi lontani mi ha lasciato uno stupore paragonabile a quello che provai, tanti anni fa, leggendo per la prima volta Rivolta contro il mondo moderno

Dopo un consueto intermezzo simenoniano (L’amico di infanzia di Maigret) ho trovato nei racconti di Notte di Dalmazia di Friedrich-Georg Jünger (ed. Herrenhaus) un gradevolissimo contraltare alle opere del fratello. Alla conferenza della associazione Eumeswil a Firenze cui avevo partecipato l’anno scorso, il prof. Crescenzi aveva evidenziato la complementarietà tra i racconti di viaggio dei due fratelli. Ne ho avuto conferma, e mi spiace che così poco sia pubblicato in italiano di Friedrich-Georg.

Per mantenere il “passo doppio” ho letto due libri di Chuck Palahniuk (Survivor e Gang bang), che seguono la classico linea pulp di questo autore. Sono entrambi iperboli di un’iperbole, quale è la società americana; ne origina un viaggio nell’assurdità più radicale, che ha però sconcertanti punti di contatto con la realtà.

Infine, “solitario” perché non abbinato ad un altro libro, Addio, «Malyghin»! di Umberto Nobile, lo sciagurato comandante della spedizione del dirigibile Italia. Dopo il disastro in cui antepose la salvezza di sè e del suo cane a quella dei suoi uomini continuò a comportarsi come era da prevedersi, dapprima voltando le spalle a quella patria che gli aveva dato il comando e amoreggiando con USA e URSS, poi divenendo deputato comunista. Nonostante le inevitabili riserve che l’uomo suscita, il libro riflette una passione per l’Artico che mi pare sincera. Oltretutto il viaggio in questione ebbe per meta la Terra di Francesco Giuseppe, il luogo ove si svolsero alcune delle imprese polari più avvincenti (Weyprecht e Payer, Nansen, Albanov, Duca degli Abruzzi). Malyghin è il nome della nave sovietica su cui si imbarcò Nobile.

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