Guénon e la crisi della modernità

Una nuova edizione critica dell’opera capitale del tradizionalista francese

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la-crisi-del-mondo-modernoRené Guénon è un punto fermo del tradizionalismo integrale, vale a dire di quella corrente di pensiero che si è posta in modo radicalmente critico nei confronti della modernità, lungo tutto il secolo XX. In essa ebbero parte attiva autori quali Julius Evola, Ananda Coomaraswamy, Frithjof Schuon, Titus Burckhardt, solo per fare qualche nome tra i tanti. Nel 1927 uscì in Francia un libro di Guénon ancora oggi ritenuto la sintesi valoriale di tale indirizzo speculativo. Ci riferiamo a La crisi del mondo moderno. Tutti i libri, lo sanno bene i bibliofili, hanno un loro particolare destino. La Crisi, che uscì in Italia in prima edizione nel 1937 grazie all’interesse e alla traduzione di Evola, ha come proprio tratto peculiare l’aver accompagnato anche nelle edizioni successive, i momenti più drammatici, in termini spirituali, esistenziali e politici, della storia recente dell’uomo europeo.

Partiamo dalla prima edizione del 1937: Evola si adoperò per farla uscire presso Hoepli, editore all’epoca di primo piano nel panorama pubblicistico nazionale, in quanto era fermamente convinto che le indicazioni del tradizionalista francese fossero essenziali per rettificare in chiave tradizionale il fascismo. La seconda edizione, sempre per interessamento del pensatore romano, vide la luce nel 1953, nel momento più grave della crisi post-bellica, durante il quale le forze nazionali nel nostro paese erano minoritarie e non riuscivano a leggere criticamente l’esperienza del regime. Le tesi di Guénon, validamente supportate dalla prefazione di Evola, riuscirono a dare indicazioni fondanti ad una generazione che era uscita sconfitta dal conflitto. Infine, nel 1972, la nuova pubblicazione del testo di Guénon, indicò con chiarezza a chi aveva orecchie per sentire che l’alternativa alla modernità produttivista non poteva essere rintracciata nelle pagine dei Francofortesi, in Marcuse, come ritenevano i sessantottini, ma andava individuata nella Tradizione e nel suo mondo ideale.

Non è casuale, quindi, che proprio in questi giorni, nel bel mezzo della crisi economica e della rappresentanza politica liberale, abbia fatto la sua comparsa nelle librerie la quarta edizione di questo libro, edito nella collana Orizzonti dello spirito dalle Edizioni Mediterranee (per ordini: ordinipv@edizionimediterranee.net 06/3235433, euro 14,50), a quarant’anni dalla terza. Si tratta di un’edizione critica ed aggiornata curata da Gianfranco de Turris, che presenta le tre prefazioni di Evola alle precedenti edizioni, un ampio apparato di nuove note esplicative, bibliografie a tema aggiornate dopo ogni capitolo, e due Appendici: nella prima compaiono una lettera di Guénon ad Evola scritta dal Cairo il 10 giugno del 1937, nonché una recensione al libro firmata da Girolamo Comi. La seconda accoglie scritti critici. Nel primo Andrea Scarabelli chiarisce definitivamente, con dovizia di particolari filologici e persuasività di accenti, la “fedeltà” e la correttezza della traduzione evoliana. E’ possibile pertanto sostenere, contro malevole interpretazioni, che il filosofo non ha affatto forzato a proprio vantaggio il testo dell’esoterista di Blois. Alberto Ventura, arabista di vaglia dell’Università di Calabria, in un saggio organico e documentato, mette in luce come non vi siano differenze sostanziali a dividere le posizioni dei due maitres tradizionalisti, come vorrebbero “discepoli” letteralisti e scolastici dell’una e dell’altra parte. La Nota editoriale di de Turris consente, inoltre, di contestualizzare storicamente ed idealmente il lavoro di Guénon e permette così anche al neofita di entrare nella viva carne delle complesse problematiche del testo.

L’importanza di questo volume, anzi la sua crucialità, è stata perfettamente colta da uno scrittore ed editore raffinato quale Roberto Calasso, il quale riferendosi al pensiero del francese ha sostenuto che: “Mentre i critici della cultura, anche i più radicali…hanno sempre mantenuto numerosi legami con l’oggetto che attaccavano, Guénon è l’unico ad aver rescisso, dall’inizio, tutti quei legami e ad aver descritto il mondo occidentale, come contemplandolo da una remota distanza, la terra dove il frutto maturo cade ai piedi dell’albero”. (p. 209). Ciò vuol dire che Guénon, pur condividendo alcune diagnosi degli autori che tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso dettero luogo alla “letteratura della crisi”, guardando da distanze siderali la modernità, propose terapie altre rispetto a quelli individuate da questi ultimi, che si muovevano quasi unanimemente entro i confini intellettuali della ratio moderna.

Per il tradizionalista la crisi viene da lontano, addirittura dall’autunno del Medioevo, dilatandosi in cerchi concentrici sempre più vasti nelle epoche immediatamente successive: nel Rinascimento, nell’età dei Lumi che avrà nella Rivoluzione francese il suo esito inevitabile, nel liberalismo, nel democratismo e nel socialismo. Guénon in queste pagine è consapevole che la tigre della modernità avrebbe ulteriormente accelerato la sua corsa, radicalizzando i propri processi regressivi sul piano personale e comunitario. Previde, in termini profetici, la realtà nella quale noi oggi viviamo, la liquidità in cui è imploso il progetto della securitas illuminista, centrata sulla razionalità astratta. Per tale ragione propose ai suoi lettori, fin dal 1927, la necessità della ricostruzione in Occidente di una élite intellettuale, davvero partecipe dei valori metafisici e pertanto in grado di condurre l’uomo europeo oltre la deriva della modernità. La sua fu una personalità prevalentemente contemplativa: fu attratto non casualmente dal sufismo e morì musulmano. Ciò lo indusse, sia pure con un certo scetticismo, a ritenere la Chiesa cattolica possibile strumento di rettifica tradizionale. Oggi, non sosterrebbe probabilmente più tale giudizio visti gli esiti modernisti della Chiesa di Roma.

Evola, la cui indole attiva lo indusse a farsi interprete di primo piano della tradizione europea, in primis di quella greco-romana, corrisponderà alle sollecitazione guénoniane, trasformando ed inverando la Crisi del francese in Rivolta contro il mondo moderno. Egli dette, pertanto, una risposta attiva e politica, naturalmente in senso nobile ed alto, all’involversi della modernità. Per questo l’élite intellettuale nella sua prospettiva è sostituita dal proposito di costituire un Ordine, nel quale la contemplazione potesse conciliarsi con l’azione cosciente di sé. Nonostante tali differenze, anche per noi che ci sentiamo più vicini ad Evola, le pagine di Guénon, lette per la prima volta quarant’anni fa, mantengono ancor oggi il nitore del simbolo e del Vero.

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Giovanni Sessa è nato a Milano nel 1957 e insegna filosofia e storia nei licei. Suoi scritti sono comparsi su riviste e quotidiani, nonché in volumi collettanei ed Atti di Convegni di studio. Ha pubblicato le monografie Oltre la persuasione. Saggio su Carlo Michelstaedter (Roma 2008) e La meraviglia del nulla. Vita e filosofia di Andrea Emo (Milano 2014). E' segretario della Scuola Romana di Filosofia Politica, collaboratore della Fondazione Evola e portavoce del movimento di pensiero "Per una nuova oggettività".

  1. Carlo
    | Rispondi

    Opera unica che chiunque dovrebbe leggere. Questo libro, “Il regno della quantità e i segni dei tempi” dello stesso Guenón e “Rivolta contro il mondo moderno” di Evola, mi cambiarono la vita.

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