Gli Olimpici

artemideUn nuovo giorno spunta sulle cime boscose del più antico paesaggio europeo diffondendo una chiarità albale come la luce dell’Olimpo nei versi d’Omero:

Disse. E all’Olimpo tornò la Dea dagli occhi celesti,

dove solida, eterna, raccontano, sorge la sede

degli Immortali, né il vento la scrolla, né pioggia bagna,

né la cosparve la neve: ma l’etere sempre si stende

senza una nube, ed un bianco raggio trascorre.

(Odissea, VI)

Il giorno olimpico è il giorno dell’ordine. Zeus incarna con la più potente e autorevole naturalezza l’idea dell’ordine come autorità. È un’idea che attraverso il Deus-pater (Iuppiter) romano spande la sua luce ben oltre le soglie del mondo antico. Basti un confronto tra la figura del Dio Padre nella versione più umile e patriarcale del contadino cristiano con la nozione ben altrimenti astratta e tirannica di Jahvè.

Apollo incarna un altro aspetto dell’ordine: l’Ordine come luce intellettuale e formazione artistica e – insieme – come trasparenza solare che è sanità e purificazione. Che il nome di Apollo possa essere d’origine non indoeuropea è possibile – anche se non provato, perchè l’illirico Aplo, Aplus (cfr. il nordico afl, «forza») può fornire un valido riscontro, se si pensa che Apollo è il dio dorico per eccellenza, e che la migrazione dorica e quella illirica fanno tutt’uno. Infine, quando si tratta di storia delle religioni, un punto dovrebbe esser chiaro: non dell’etichetta si tratta, ma del contenuto.

L’Artemide dorica, raffigurata come una fanciulla acerbamente sportiva e nordica, non è la stessa Artemide della Artemide Efesia dalle cento mammelle. Sotto un nome preesistente – prende forma una figura religiosa profondamente nordica e indoeuropea nella sua acerbità atletica e settentrionale. Una stessa etichetta ricopre due «esperienze» religiose ben diverse. Allo stesso modo, Maria – intesa come la «Gran Madre», ad es. nella Madonna di Pompei – è alcunchè di diverso dalla Vergine Maria di Bernardo di Chiaravalle e del cattolicesimo gotico. Non è solo la differenza tra la fanciulla bionda delle miniature gotiche e la «Madre di Dio» delle terre del Sud. È la stessa diversità di visione che separa l’Artemide Efesia dalla spartana Artemide Orthia sopravvenuta con la migrazione dorica.

Come sempre, l’essenza della concezione religiosa è nella peculiarità della sua visione del divino. Una visione non soggettiva, o meglio, soggettiva in tanto che l’assoluto, manifestandosi, si particolarizza e nel soggetto si fa immagine. Apollo e Artemide, Cristo e la Vergine – sono anzitutto delle « visioni », presenze colte per intuictio intellectualis, là dove «gli dei», gradi manifestantisi dall’essere, veramente sono.

Scriveva Goethe a Jacobi: «Du sprichst von Glauben, ich halte viel aufs Schauen».

Nelle divinità olimpiche, l’anima nordica della razza bianca ha contemplato la sua più pura profondità metafisica. La eusébeia, la venerazione fatta di assennatezza, l’aídos, il contegno pudico di fronte al divino e insieme la sofrosyne, la virtù fatta di equilibrio e intrepidezza, sono le attitudini da cui la religione olimpica traspare come un fenomeno tipicamente europeo. E il pantheon olimpico è lo specchio di questa interiore misura. Significativamente, anche i suoi esponenti femminili tendono a partecipare dei valori virili, come Era – quale simbolo del coniugium, – Artemide – per la sua giovanilità schiva e sportiva -, e Atena – la dea dell’intelligenza agguerrita e della audacia riflessiva – uscita tutta in armi dalla testa di Zeus.

È perciò che Walter Otto ha potuto parlare della religione greca come della «idea religiosa dello spirito europeo»:

«Nel culto divino degli antichi Greci si manifesta ai nostri occhi una delle più grandi idee religiose dell’umanità – possiam dire: L’idea religiosa dello spirito europeo. È un’idea molto diversa dalle idee religiose delle altre civiltà, in particolare di quelle che sogliano fornire alla nostra scienza delle religioni il modello della formazione religiosa. Ma è essenzialmente affine a tutte le creazioni e pensieri genuinamente greci e concepita nel medesimo loro spirito. Così sta, con le altre opere dei Greci, grande ed imperitura di fronte all’umanità… E le figure nelle quali questo mondo si manifestò divinamente ai Greci, non dimostrano forse la loro verità nel fatto che vivono ancor oggi, che ancor oggi ci si fanno incontro non appena vogliamo, fuor dalle grette costrizioni, elevarci a una libera contemplazione? Zeus, Apollo, Atena, Artemide… quando si venerano le idee dello spirito greco, non bisogna mai dimenticare che queste furono le sue maggiori, in un certo senso il compendio delle sue idee generali; dureranno finchè lo spirito europeo, che trovò in esse la sua oggettivazione più significativa, non soggiacerà totalmente allo spirito orientale o al razionalismo utilitario». (W. Otto, Gli Dei della Grecia, Firenze 1941, pag. 11-12).


Tratto da Sul problema di una tradizione europea, ed. di Vie della Tradizione, Palermo 1996(2), pp. 24-27.

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