La città degli dei

Renato del Ponte, La città degli dei. La tradizione di Roma e la sua continuità In questo libro, il terzo che del Ponte dedica alla religione ed al sacro della tradizione romano-italica (1), raccoglie un insieme di scritti e saggi concepiti in circostanze e tempi diversi (nell’arco di ben ventitré anni, alcuni inediti) (2) ma legati dal comune amore ed interesse per la tradizione di “Roma eterna”.

In Roma, civitas deorum, come ricorda l’Autore nella presentazione, vivevano in reciproco accordo e armonia uomini e Dèi “e ciò che ha fatto la grandezza di Roma antica è proprio questo patto primordiale (pax deorum), stipulato alle origini della città e voluto ribadire nel tempo dai suoi cittadini con la perpetua scansione del rito nelle cerimonie pubbliche e private all’interno del cerchio sacro del pomerio”.

Nella prima parte del libro dedicato alle premesse vengono riproposti una disanima sulle origini dei Latini, risalendo dalla terra primordiale dei popoli indoeuropei per giungere mediante le “primavere sacre” ai Colli Albani, e la prefazione all’edizione de L’Etruria nell’Eneide (3) di Bruno Nardi dal significativo titolo Etruschi, Troiani e la critica attuale, nel quale, partendo da una felice intuizione storica che traspare dal poema virgiliano e suggerita dal Nardi nel ´34, è analizzata l’ipotesi che i Troiani guidati da Enea sino nel Lazio e gli Etruschi-Tirreni costituiscano le due facce della stessa etnia. Da notare che le considerazioni esposte da del Ponte hanno trovato sostanziale conferma in successive ricerche accademiche: in primis in quelle esposte da Marta Sordi ne Il mito troiano e l’eredità etrusca di Roma (4). La seconda parte è dedicata a culti, simboli e immagini partendo da quel mons Saturnius, perno delle vicende mitico-storiche di Siculi, Pelasgi, Argei, Sabini, Latini e Romani, che diverrà Campidoglio durante il regno dei Tarquini, al momento dell’erezione del Tempio a Giove (5), in conseguenza al ritrovamento del caput humanum, interpretato come buon auspicio per le sorti dell’imperium dei Romani unitamente alla permanenza del fanum di Terminus (6). Oltre a ricordare le interpretazioni degli antichi (7) l’Autore pone, per primo, l’attenzione sul simbolismo assiale e quindi “polare” insito in questa tradizione.

Renato del Ponte, Dei e miti italici Dopo aver letteralmente spaziato dal Monviso e il Po, la cui sacertà non trova origine da fisime propagandistiche di recenti leghe, ci ripropone un suo documentato e ricco saggio sui Culti solari d’Oriente e d’Occidente e la mediazione romana. Culti testimoniati dall’arte rupestre, vestigia delle vetuste civiltà preistoriche, dal mito di Fetonte, da alcune festività riportate dall’antico calendario romano: l’agonium dell’11 dicembre dedicato a Sol Indiges e le Matralia dell’11 giugno festa dell’Aurora; allo stesso nome della gens Aurelia, a quello del popolo protolatino degli Ausoni, per non scordare una denominazione della stessa Italia “Terra del Sole” o Ausonia, sino ai culti di Mithra e di quel Sol Invictus il cui giorno natalizio è il 25 dicembre.

Tra gli altri capitoli, è necessario ricordare quello dedicato a Vettio Agorio Pretestato, pontefice e iniziato, una delle più fulgide figure della resistenza pagana alle prevaricazioni dei seguaci della nuova fede monoteista.

La parte terza, quella per noi di maggior interesse, raccoglie i saggi dedicati al Lessico e diritto arcaico. In buona parte, in origine relazioni tenute in convegni organizzati da importanti istituzioni universitarie italiane in collaborazione con il CNR e l’Accademia delle Scienze di Mosca; il primo, dedicato al Latino, lingua sacra, trae origine da alcune incomprensioni di René Guénon. Giustamente del Ponte ricorda che gli oracoli degli dèi erano resi nell’antica lingua latina e le formule liturgiche, magiche e rituali che ne derivarono confluirono nell’antico ius sacrum. Del resto, come ricorda anche Sini (8), la validità di un rito, o l’efficacia di una formula era sempre condizionata dall’esatta pronuncia delle parole solenni unitamente al preciso rispetto degli atti prescritti. Del Ponte si occupa dell’inalterabilità del lessico religioso in un paragrafo dello scritto dedicato agli indigitamenta.

Dopo aver trattato di alcuni aspetti del lessico pontificale (gli arbores felices oltre ai citati indigitamenta) e di alcune prescrizioni di ius sacrum nelle XII Tavole ci si dedica alla Santità delle mura e sanzione divina. Il tutto prende spunto dalla sanzione dell’infrazione di Remo, nella quale la tradizione annalistica romana “ha inteso ribadire il significato dell’inviolabilità delle mura stesse e cioè della loro sanctitas” (p. 102). In base alle enunciazioni dell’antiquario Elio Gallo si evince “che i concetti di sacrum, sanctum e religiosum non sono riferibili agli oggetti per se stessi, ma al fatto della consacrazione e dell’intangibilità (rapporti di tipo religioso) e a quello della sanzione (rapporto giuridico). Pertanto una stessa res può essere ‘sacra’ in quanto consacrata agli dèi, ‘santa’ in quanto soggetta a sanzione di legge, ‘religiosa’ in quanto a violarla si offendono gli dèi”.

Renato del Ponte, I Liguri. Etnogenesi di un popolo. Dalle origini alla conquista romana Altra sottolineatura importante quando ricorda che «se, come ha scritto P. Catalano, “il ‘punto dello spazio-tempo’ in cui inizia la vita del populus Romanus Quirites” è contrassegnato dalla volontà di “Iuppiter grazie all’opera del rex augur Romolo, sul colle Palatium e nel giorno dei Palilia: 21 aprile, dies natalis”, ne deve derivare che “aspetto spaziale ed aspetto temporale del sistema giuridico-religioso romano hanno un punto di incontro, all’origine, nell’azione augurale di Romolo”» (9). In questo personaggio, infatti, come si è espresso del Ponte, anche, in Dèi e miti italici, si situa “il cardine fra il passato mitico che si è celato in un suolo ben determinato e l’avvenire che in esso dovrà manifestarsi”.

Nel quarto capitolo dedicato alle Esplorazioni archeologiche, dopo un articolo relativo al ritorno della Triade Capitolina si occupa dell’Ampsancti valles. Il santuario italico della dea Mefite, uno degli “ombelichi d’Italia” nell’ambito della geografia sacra. Gli altri, ricordiamo, sono il Campidoglio ed il lago di Cotilia. Del primo abbiamo gia visto, del secondo l’Autore parla quando si occupa del Presentimento della morte e ritorno alle origini: il caso del Principe Siddartha e degli Imperatori Flavii.

A La continuità di Roma sono dedicati gli scritti della parte quinta. Il primo si occupa della fondazione dell’Altera Roma, Costantinopoli. Fondazione voluta da quell’Imperatore che, benché fosse il primo ad aver fede nel dio dei cristiani, “resta l’Imperatore di uno Stato avente precise tradizioni giuridiche e, come egli stesso diceva in una sua legge (10), un mos da retinere” e che conservò il suo titolo di pontifex maximus. Per fondare la seconda Roma era necessario risolvere alcune problematiche di natura giuridica derivanti dal diritto pontificale illustrate in maniera impeccabile dall’Autore. Il radicamento della tradizione giuridica romana (pagana) nella parte orientale dell’Impero, nonostante la rapidità con cui il cristianesimo si era diffuso, permise la sopravvivenza di alcuni culti, riti e concezioni.

“Sopravvisse soprattutto, ed anzi meglio si precisò, la funzione sacrale della missione imperiale, in cui Bisanzio continuava coscientemente la missione di Roma. Diversamente andarono le cose in Occidente, dove il fanatismo e l’intolleranza avevano portato gradatamente al consapevole rigetto della dignità sacrale da parte dell’Imperatore (rifiuto della porpora pontificale da parte di Graziano nel 376) ed alla conseguente tragica scissione dei due poteri, la cui più appariscente conseguenza sarà la scomparsa stessa dell’Impero di Occidente e l’illecito affermarsi sui suoi resti di un potere sacerdotale, rappresentato dal vescovo di Roma”. Mentre in Oriente la Chiesa divenne una Chiesa di Stato, in Occidente il cristianesimo diventò la religione “predominante” o “ufficiale”, “non quella di Stato, nel significato tradizionale del termine o perlomeno nella accezione e nei termini della trasformazione avvenuta a Costantinopoli, e la Chiesa – il papato – fu indifferente, quando non ostile, al diritto pubblico dello Stato: ciò portando alla paradossale conseguenza che là dove non si fosse giunti ad una vera e propria usurpazione da parte della Chiesa stessa, fu in pratica favorita una progressiva laicizzazione dello Stato, non ultima conseguenza della dissacralizzazione delle istituzioni politiche del mondo moderno”.

Gli altri due scritti sono rispettivamente dedicati alla (im)possibilità di una “Terza Roma” ed alla Tradizione Romana quale “mito fondante dell’Italia di ieri e di domani”.

La sesta e ultima parte titolata Note critiche e discussioni comprende uno scritto che prese le mosse dalle notizie, apparse sulla stampa nazionale nell’88, sulle “scoperte” del prof. Andrea Carandini (Mura di Romolo: vecchi e nuovi timori accademici), tre articoli dedicati rispettivamente a J. J. Bachofen, Franz Cumont e ad Achille Coen, un dimenticato storico israelita sincero cultore della tradizione romana, come ricorda del Ponte nel titolo. Per finire con Sui limiti e le possibilità di un’interpretazione globale della religione dei Romani, scritto come risposta ad una recensione apparsa ne “L’Osservatore Romano” (del 27 ottobre 1994 e riproposta in questo volume per agevolare i confronti dei lettori) de La Religione dei Romani.

Conclude il volume un’appendice con le traduzioni di un brano di Censorino dedicato a Il Genio, e l’Inno al Sole di Marziano M. F. Capella.

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Renato Del Ponte, La città degli Dèi. La tradizione di Roma e la sua continuità, Genova 2003, Ecig, pp. 202. Euro 15,00. (IBS) (BOL) (LU)
Recensione di Alberto Lombardo
Recensione di Alfonso Piscitelli

Note

1) I precedenti sono Dèi e Miti italici (Genova 1985, III ed. 1998, Ecig) e La Religione dei Romani (Milano 1992, Rusconi Libri).
2) Dalla “nota bibliografica” anche il nuovo lettore può verificare la varietà e qualità di pubblicazioni nonché il livello anche dai punti di vista “scientifico” e internazionale.
3) Genova 1981, Edizioni del Basilisco.
4) Milano 1989, Edizioni Universitarie Jaca (da noi recensito in “Arthos” n. 33-34 [1989-1990], p.191).
5) Sacralmente orientato sull’asse nord-sud seguendo le regole etrusche. “…gli Etruschi, come ci informano gli antichi, ritenevano che la sede degli dèi fosse al fulcro del mondo, al polo nord astronomico, donde reggevano l’universo: residuo forse di un retaggio spirituale primordiale che li avvicina al mondo delle origini” (p. 38)..
6) Unitamente a Juventas.
7) Principalmente LIVIO, I, 55, 2-6.
8) Francesco Sini, Sua cuique civitati religio. Religione e diritto pubblico in Roma antica, Torino 2001, pp. 121-122 (vedasi la nostra recensione in questo stesso numero).
9) Pierangelo Catalano, Aspetti spaziali del sistema giuridico-religioso romano. Mundus, templum, urbs, ager, Latium, Italia, “Aufstieg und Niedergang del Römischen Welt”, Band II.16.1, Berlin – New-York 1978, pp. 443-444.
10) Cod. Theod., XVI, 10, 1.

Tratto da Arthos 10 n.s., 2002, 114-119.

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Nato a Prato nel 1953. Collabora alle seguenti riviste di studi storici e tradizionali: Arthos; La Cittadella; Vie della Tradizione; ha collaborato a Convivium ed a Mos Maiorum. Socio della Società Pratese di Storia Patria; dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri e del Centro Camuno di Studi Preistorici. E' stato tra i Fondatori del Gruppo Archeologico Carmignanese.

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