Favete linguis!

Ultimo libro in ordine di tempo per Renato Del Ponte. Storico delle idee e del diritto religioso arcaico, traduttore e studioso di storia delle religioni e di simbolismo, Del Ponte è fra i più seri e affidabili interpreti del pensiero di Julius Evola, al quale si ispira al momento di fondare il “Centro studi evoliani” alla fine degli anni Sessanta e il periodico «Arthos», nel 1972, tutt’ora in corso di stampa.

Il libro è una raccolta di saggi sulle “fondamenta del sacro in Roma antica” dal titolo Favete linguis! (160 pp., 19 euro) ed è edito, come i volumi che Del Ponte ha pubblicato precedentemente (fra i quali due scelte di saggi evoliani, Il mondo alla rovescia, 2008 e Le sacre radici del potere, 2010), dalla casa editrice Arya di Genova.

Come chiarisce l’autore nella nota bibliografica, si tratta di un libro che è, allo stesso tempo, un «invito» e un «ammonimento … ad avvicinarsi al mondo spirituale dell’antica Roma muniti del dovuto rispetto e della cautela necessaria per chi s’introduca in tale ordine di cose: il sacro». Un libro idealmente legato a due saggi precedenti dello stesso Del Ponte, quello pubblicato per la Ecig nel 2003, La città degli dei. La tradizione di Roma e la sua continuità e quello più conosciuto del 1992 pubblicato per Rusconi: La religione dei romani. Un libro esaurito da tempo. Un asse ideale lega dunque tutti i lavori di Del Ponte: le fondamenta di Roma antica e la lezione, dal punto di vista giuridico, che è opportuno trarre dal periodo classico fino ai nostri giorni. Una lezione a un tempo storica e spirituale. Oggi però, scrive Del Ponte, nella nostra epoca si assiste all’esatto contrario: c’è un graduale allontanamento dalle “ragioni” della storia – e di ogni storia – a favore di una deificazione del domani e di ciò che si spera possa avvenire in un futuro sempre più incerto.

Fra i dodici saggi presenti all’interno di Favete linguis! (il tredicesimo è una recensione dei primi anni Novanta di Pio Filippani-Ronconi alla Religione dei romani), uno tratta specificamente delle questioni relative al passato, e al messaggio che ci deriva dal passato, oramai quasi del tutto sconosciuto ai contemporanei.

Scrive Del Ponte: «sembrerebbe che i ritmi imposti dalla globalizzazione … abbiano contratto l’“attimo fuggente”, cioè il presente, così tanto da proiettarlo immediatamente nella dimensione del passato e quindi suggeriscano inevitabilmente un’idea del tempo futuro quale unica dimensione di qualche interesse. Gli abitanti del cosiddetto … “villaggio globale” con l’aiuto delle scienze, paiono possedere una dimestichezza col futuro un tempo inimmaginabile». Insomma, il futuro sembra essere diventato l’unico vero Dio per gli uomini; un futuro che è tuttavia sempre più incerto e che “letto” e “riletto” proprio dall’ottica del passato storico, non può non essere apportatore di conflitti e di rivalità, anche dure, all’interno di ogni entità culturale. La radice dei problemi del mondo d’oggi è dovuta probabilmente a una serie di questioni. L’“incomprensione del presente” come “ignoranza del passato”, come diceva Marc Bloch, è la mancanza di vera libertà e di tolleranza nell’edificazione del futuro… Colpa di chi? difficile dire. Probabilmente di certo positivismo, delle dottrine che hanno inteso classificare – se non peggio – le civiltà in peggiori e migliori. Colpa anche di quella che si può chiamare “modernità”, iniziata proprio con la “scoperta” dell’America, uno dei primi atti della globalizzazione più imprudente.

Che fare, insomma? Del Ponte parla di un messaggio di tolleranza e di libertà che «ci giunge da un passato, apparentemente lontano» (quello di Roma), un messaggio che si è propagato grazie anche a un «Oriente illuminato dalla luce del messaggio apollineo e socratico». Cristianesimo e scienza non sono stati sempre all’altezza dei loro annunci, soprattutto la seconda che, per Del Ponte, ha assunto forma e importanza quasi “totalitarie”. Ma non è proprio il caso, se lo scopo è costruire e non distruggere, perdersi in accuse e rimpianti, peraltro già fuori tempo… Allora? La considerazione finale dell’autore è certo, anch’essa, un auspicio, ma di quelli che vale la pena riportare e sulla quale è opportuno riflettere: «è giunto il momento di tentare una nuova sintesi che riconduca all’interno della concezione dell’uomo e dell’universo quel che di sacro ne era stato, col tempo, gradualmente espunto», scrive Del Ponte, «occorre edificare, sull’esempio degli antichi, una nuova metafisica, che riconosca la presenza di uno spirito nel mondo, non al di fuori di esso o ad esso trascendente…». Una riflessione che possiamo inquadrare nel tentativo dei migliori studiosi di “cose dello spirito”, ci vengono in mente lo stesso Filippani Ronconi e Elémire Zolla.

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Marco Iacona, dottore di ricerca in “Pensiero politico e istituzioni nelle società mediterranee”, scrive tra l’altro per il bimestrale “Nuova storia contemporanea”, il quotidiano “Secolo d’Italia”, il trimestrale “La Destra delle libertà” e il semestrale “Letteratura-tradizione”. Per il “Secolo d’Italia” nel 2006 ha pubblicato una storia del Msi in dodici puntate. Ha curato saggi per le Edizioni di Ar e per Controcorrente edizioni. Per Solfanelli ha pubblicato: 1968. Le origini della contestazione globale (2008).

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