Pasque di sangue

Don Curzio Nitoglia è uno straordinario esempio di prete-coraggio che non ha paura di contestare i dogmi della correttezza politica. La casa editrice effepi ha pubblicato un suo saggio sul controverso tema dell’omicidio rituale ebraico: un argomento che è ancora capace di suscitare furibonde polemiche nel mondo della cultura d’apparato. Don Nitoglia compie una ricognizione delle fonti che riguardano l’argomento a partire da un fondamentale dossier pubblicato alla fine del XIX° secolo: nel 1893 la prestigiosa rivista dei Gesuiti La Civiltà Cattolica pubblicò una serie di articoli sulla morale giudaica a cura di Padre Oreglia. Alcuni articoli della rivista erano dedicati al tema dell’omicidio rituale: dal 1071 al 1891 si ha notizia di 60 processi celebrati contro gli ebrei per questo crimine. Dall’analisi dei processi emergono alcuni tratti comuni: l’assassinio di un cristiano non solo è reputato lecito, ma è comandato ai giudei dalla legge talmudica-rabbinica; le azzimelle per celebrare la Pasqua ebraica vengono imbevute col sangue dei bambini cristiani; il bambino deve morire fra i tormenti perché il suo sangue sia proficuo alla salute dell’anima giudaica. Queste accuse erano confermate da alcuni rabbini convertiti al cristianesimo, e in particolare il rabbino moldavo Teofilo, dopo la conversione, affermò: «gli ebrei sono più contenti quando possono ammazzare i bambini perché sono innocenti e vergini, e quindi perfetta figura di Gesù Cristo; li ammazzano a Pasqua, acciocché possano meglio rappresentare la passione di Gesù Cristo». La Civiltà Cattolica riteneva degna di fede la testimonianza di Teofilo per tre ragioni: in primo luogo perché Teofilo stesso era stato rabbino e fin dall’età di tredici anni aveva celebrato i riti giudaici, in secondo luogo perché deponeva contro se stesso, avendo confessato di aver fatto uso di sangue cristiano, in terzo luogo perché correva il rischio di essere ucciso dai suoi ex correligionari a causa delle sue rivelazioni, e tuttavia aveva parlato ugualmente per debito di coscienza e per carità verso i cristiani.

Don Nitoglia si sofferma su un importante caso verificatosi in Italia: quello di San Simonino di Trento, ucciso nel 1475 e beatificato dalla Chiesa (giova ricordare che la lobby ebraica ha imposto la soppressione del culto di San Simonino). Gli atti del processo ricostruiscono la vicenda del martirio del piccolo Simone: il fanciullo, portato all’interno della sinagoga, venne tenuto su uno scanno con le braccia tese in forma crucifixi, venne torturato con una tenaglia, e il suo sangue venne raccolto in una scodella, mentre i giudei pronunciavano maledizioni contro i cristiani. Il bambino morì dopo circa mezz’ora. Ovviamente sono stati versati oceani d’inchiostro per propagandare tesi negazioniste volte a smentire la realtà storica dell’omicidio rituale ebraico. La cultura ufficiale, riguardo il caso di San Simonino, accusa i Francescani di aver montato una campagna d’odio nei confronti degli ebrei. Nel XV° secolo i Francescani erano impegnati nell’istituzione dei Monti di Pietà, con i quali riuscirono a sottrarre i cristiani alle condizioni di prestito usuraie praticate dagli ebrei. Tuttavia i fraticelli che si sono impegnati in questa meritoria opera di civiltà, per la cultura organica al sistema hanno fomentato l’odio antisemita. Come si è detto in precedenza, dopo il Concilio Vaticano II° il culto di San Simonino è stato abolito. Don Nitoglia fa notare come questa decisione abbia ripercussioni gravissime nella definizione delle procedure di canonizzazione. La Chiesa postconciliare, ormai sprofondata in una condizione di totale sudditanza psicologica nei confronti degli ebrei, ha affermato temerariamente di aver sbagliato nel giudizio di beatificazione su San Simonino, e in questo modo ha aperto il varco alla penetrazione della Cabala giudaica fino al vertice delle gerarchie ecclesiastiche.

L’obiezione fondamentale dei negazionisti è che la passione religiosa avrebbe accecato gli storici cattolici. In base a questa obiezione occorre allora dubitare di tutto ciò che gli storici scrivono, poiché ogni uomo è mosso da una qualche passione: si pensi solo alla straripante letteratura storica ispirata all’ideologia sionista. Don Nitoglia, inoltre, affronta l’argomento anche sul piano della fede, infatti dal punto di vista cattolico occorre tener presente che l’omicidio rituale si presentò sotto la copertura e la garanzia di poteri politici fra i quali figurano anche dei santi: San Luigi IX° in Francia, San Enrico in Germania, e San Ferdinando in Spagna. I cattolici sono tenuti a credere ai santi in quanto modelli di perfezione che i fedeli devono sforzarsi di imitare. Non è dunque ammissibile, per i credenti, che questi personaggi siano macchiati dal peccato e che siano stati dei calunniatori: per la dottrina cattolica la Chiesa è infallibile nel canonizzare. Tanto più che le vittime degli omicidi rituali sono state beatificate e quindi proposte al culto dei cattolici assieme agli atti del loro martirio (San Simonino è posto nel Martirologio Romano al 24 marzo). Non è mancato chi ha tentato di affermare che il martirio deve essere un atto cosciente e volontario, e che quindi un bambino non può essere considerato né martire né santo: questa è la tesi sostenuta dal commissario pontificio padre Battista de’ Giudici, per scagionare gli ebrei dall’accusa. Don Nitoglia ricorda che, come tutti sanno, la Chiesa ha canonizzato i Santi Martiri Innocenti fatti uccidere da Erode: la tesi del de’ Giudici può essere sbugiardata dai ragazzini del catechismo!

Don Nitoglia accenna anche alle fonti antiche che riguardano i sacrifici umani in relazione all’Ebraismo: la religione ebraica condannava i sacrifici umani, che erano praticati dai Cananei, ma non si può escludere che questi culti barbari abbiano influenzato alcune frange del mondo ebraico. Nella letteratura talmudica si fa menzione di un culto del Moloch praticato in ambiente ebraico. Don Nitoglia, poi, fa alcune considerazioni sulle autorità scientifiche che hanno esaminato le testimonianze: i Papi e i Padri Bollandisti. Com’è noto i Papi esaminano sempre con grande ponderazione e con proverbiale prudenza i documenti che riguardano la storia religiosa, e i Padri Bollandisti sono universalmente noti per l’accuratezza e il rigore delle loro ricerche.

In passato il dibattito sugli omicidi rituali ha interessato nientemeno che i signori dell’alta finanza: nei primi anni del XX° secolo, i Rothshild fanno pressione sui cattolici inglesi affinchè convincano la Santa Sede a scagionare ufficialmente e definitivamente gli ebrei dall’accusa del sangue. Tuttavia gli sforzi della ricchissima famiglia ebraica furono vani: la Santa Sede all’epoca non era affatto incline ai cedimenti ecumenici che caratterizzano la Chiesa postconciliare. Don Nitoglia conclude il libro affermando la fondatezza dell’intenzione sterminazionista propugnata dall’Ebraismo talmudico verso i cristiani, e dichiara: «mi sembra perciò, che si possa affermare, senza paura di sbagliarsi, la veridicità storica della tesi dell’Omicidio Rituale ebraico, senza cadere in eccessi di fanatismo, che lo vedono ove non c’è, ma senza neanche cadere nell’errore di scetticismo che si ostina a negarlo, dopo prove storiche e magisteriali così probanti».

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Don Curzio Nitoglia, L’omicidio rituale ebraico. La secolare accusa del sangue: tesi e documenti a confronto, effepi, Genova 2004, pp.56, euro 6,00.

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Michele Fabbri ha scritto il libro di poesie Apocalisse 23 (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2003). Quella singolare raccolta di versi è stata ristampata più volte ed è stata tradotta in inglese, francese, spagnolo e portoghese. Dell’autore, tuttavia, si sono perse le tracce… www.michelefabbri.wordpress.com
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