Julius Evola: non c’è solo Gli uomini e le rovine

Alberto Lombardo, Julius Evola, gli evoliani e gli antievoliani. Tra tradizione e radicalismo, politica e apolitìa L’articolo apparso sul Secolo d’Italia dello scorso 20 luglio (cfr. Agostino Carrino, Destra politica? Individualismo più realismo?), e in particolare il riferimento fatto dall’autore all’evoliano Gli uomini e le rovine, dà la possibilità di parlare di uno dei libri politicamente più citati (e, insieme ad altri, forse, meno letti) del pensatore tradizionalista italiano. Un libro dei primissimi mesi del 1953, scritto a sangue caldo e pensato, secondo una citazione di Fausto Gianfranceschi, per i giovani missini che erano stati nella Repubblica sociale o che, invece, per ragioni anagrafiche, non avevano potuto ingrossare le fila dell’esercito di Salò. Ne parlerò citando, altresì, un libro interessante uscito nei mesi scorsi, autore il giovane studioso Alberto Lombardo (Evola, gli evoliani e gli antievoliani, editrice Nuove Idee, pp. 130, euro 12,00).

 

Julius Evola, Gli uomini e le rovine La citazione del professor Agostino Carrino (che segue un dotto e classico riferimento eracliteo), era in codesti termini: “In questo eterno fluire ciò che a me appare più rischioso è un vecchio atteggiamento dell’uomo di destra: il sentirsi “in piedi tra le macerie”, pago della propria “diversità” rispetto a un mondo che si frantuma. Un modo d’essere che è stato quello di una generazione che può essere rappresentata da Gli uomini e le rovine di Julius Evola, un libro rispettabilissimo, che però definirei, più che superato, sbagliato”.

 

Carrino fa riferimetno alla facile lettura da “nobiltà della sconfitta” che molti hanno dato all’approccio evoliano alla politica. Ma la questione è, però, forse più complessa. E riguarda in questo caso non tanto la storia delle idee di una parte politica, cioè la destra italiana postbellica, quanto piuttosto la prassi: gli atteggiamenti che i difensori di quelle idee assumevano nei confronti delle vicende politiche. Se parliamo di vicende, dunque, è giusto distinguere, ancora una volta, periodi diversi. Non bisogna infatti confondere gli anni Cinquanta, quando nell’ambiente, almeno fino alle elezioni del ’53 si pensava a una rapida riorganizzazione della destra, con gli anni Settanta, quando, fra i giovani, serpeggiava un certo pessimismo di fondo. Non va dimenticato che i Sessanta erano stati gli anni del consolidamento dell’egemonia della sinistra che si preparava a dare la scalata al cielo mescolando tre culture: la cattolico-democratica post-conciliare, la marxista-leninista (con echi operaisti) e la New Left americana d’impianto underground. In questa situazione di piena confusione ideologica, dalla quale, peraltro, non siamo ancora usciti, la destra che veniva da certo quietismo micheliniano, ferma dunque a un conservatorismo per molti aspetti difensivo, non sapeva che pesci pigliare avendo a riveder le stelle, forse, davvero, solo dal ’77 in poi (trent’anni fa).

 

Julius Evola, Cavalcare la tigre Ora che si imputi alla generazione de Gli uomini e le rovine (Rsi e post-Rsi), di cui molti esponenti peraltro finirono anche in galera nei primi anni Cinquanta, un nichilismo che sa di fermezza auto-incapacitante, è un giudizio ingeneroso e incompleto. D’altra parte, per ciò che attiene la seconda generazione di evoliani, è ovvio che quel che poteva valere per gli anni Cinquanta poteva non valere per gli anni Settanta. Nel periodo della grande protesta, non solo studentesca, un volume come Gli uomini e le rovine, in alcune sue parti, poteva dunque apparire troppo rigido (ma non userei il termine “sbagliato”). E qui può aiutarci a capire di più il libro di Lombardo. Perché, suddiviso in tre parti, ci offre un primo capitolo sostanzialmente biografico, un secondo d’analisi dottrinaria, e un terzo che aggiorna il lettore circa i dibattiti fra evoliani e antievoliani.

 

Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno Nel secondo capitolo, Alberto Lombardo prende in considerazione i passi più importanti di Rivolta contro il mondo moderno, de Il fascismo visto dalla destra e, ovviamente, di Gli uomini e le rovine, lasciandosi andare a un’analisi schietta e senza fronzoli. Ne risulta che Evola avrebbe teorizzato uno schieramento politico rivoluzionario-conservatore, uno Stato monarchico più classico che moderno, e un bicameralismo diseguale e gerarchizzato, annessi a una salda riflessione tendente a porsi oltre il marxismo e il capitalismo, conseguentemente agli esiti politici di un destra d’opposizione spirituale (come s’intenteva, allora, una vera destra). Con buona probabilità, anche in ragione dello spirito dei tempi, i figli della contestazione avrebbero però preferito il sapore anarchico e libertario di Cavalcare la tigre, volume anch’esso dei primissimi anni Cinquanta, ma uscito solo nel 1961. All’interno di interpretazioni e prese di posizione eterodosse, anche le differenti letture di questo testo avrebbero dato luogo a diversi evolismi. Fomentando polemiche, accuse e spaccature, in realtà mai cessate, ben evidenziate da Lombardo nell’ultimo capitolo del suo libro.

 

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Tratto da Il Secolo d’Italia del 31 luglio 2007.

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Marco Iacona, dottore di ricerca in “Pensiero politico e istituzioni nelle società mediterranee”, scrive tra l’altro per il bimestrale “Nuova storia contemporanea”, il quotidiano “Secolo d’Italia”, il trimestrale “La Destra delle libertà” e il semestrale “Letteratura-tradizione”. Per il “Secolo d’Italia” nel 2006 ha pubblicato una storia del Msi in dodici puntate. Ha curato saggi per le Edizioni di Ar e per Controcorrente edizioni. Per Solfanelli ha pubblicato: 1968. Le origini della contestazione globale (2008).

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