Elogio della guerra

Molto mi piace la lieta stagione di primavera che fa spuntar foglie e fiori, e mi piace quando odo la festa degli uccelli che fan risuonare il loro canto pel bosco, e mi piace quando vedo su pei prati tende e padiglioni rizzati, ed ho grande allegrezza. Quando per la campagna vedo a schiera cavalieri e cavalli armati. E mi piace quando gli scorridori mettono in fuga le genti con ogni lor roba, e mi piace quando vedo dietro a loro gran numero di armati avanzar tutti insieme, e mi compiaccio nel mio cuore quando vedo assediar forti castelli e i baluardi rovinati in breccia, e vedo l’esercito sul vallo che tutto intorno è cinto di fossati con fitte palizzate di robuste palanche. Ed altresì mi piace quando vedo che il signore è il primo all’assalto a cavallo, armato, senza tema, che ai suoi infonde ardire così, con gagliardo valore; e poi ch’è ingaggiata la mischia ciascuno deve essere pronto volenteroso a seguirlo chè niuno è avuto in pregio se non ha molti colpi preso e dato. Mazze ferrate e brandi, elmi di vario colore, scudi forare e fracassare vedremo al primo scontrarsi e più vassalli insieme colpire, onde erreranno sbandati i cavalli dei morti e dei feriti. E quando sarà entrato nella mischia, ogni uomo d’alto sangue non pensi che a mozzare teste e braccia: meglio morto che vivo e sconfitto! Io vi dico che non mi da tanto gusto mangiare, bere o dormire, come quand’odo gridare “All’assalto” da ambo le parti e annitrire cavalli sciolti per l’ombra e odo gridare “Aiuta! Aiuta!” e vedo cadere pei fossati umili e grandi fra l’erbe, e vedo i morti che attraverso il petto han troncon di lancia coi pennoncelli. Baroni date a pegno castelli borgate e città, piuttosto che cessare di guerreggiarvi l’un l’altro. Papiol, volenteroso, al signore Si-e-Nò vattene presto e digli che troppo sta in pace.

Bertran de Born (traduzione dalla lingua d’oc di A. Roncaglia).

[Note: brandi = spade; Papiol = dovrebbe essere il nome di un giullare o di un paggio; Signor Sì-e-No = molto probabilmente si riferisce a Riccardo Cuor di Leone, che l’autore evidentemente riteneva troppo propenso a temporeggiare e scarsamente votato all’attività guerriera]

* * * *

Guerra. Guerra e amore. Questa la vita, questa la gioventù. Per cos’altro può valer la pena vivere? Lo affermava anche Nietzsche: “L’uomo deve essere addestrato alla guerra. La donna al riposo del guerriero. Tutto il resto è stupidità”. E pochi hanno saputo cantare la guerra e il fascino che da sempre essa esercita sugli uomini con la maestria e la sincerità di Bertran de Born.

Costui era un potente feudatario, signore del castello di Hautefort nel Périgord, in Occitania. Visse la sua vita (1140-1215) “sempre in guerra con tutti i sui vicini”, come ci ricorda un suo antico biografo. Prima guerreggiò contro il fratello, poi partecipò alle lotte intestine della famiglia reale inglese, inizialmente aizzando Enrico dal corto mantello (detto il Re Giovane) contro il padre e il fratello Riccardo Cuor di Leone, e più tardi, dopo la morte di Enrico, passando dalla parte di Riccardo. La sua attività poetica ebbe luogo fra il 1181 e il 1194, prima che, ormai in vecchiaia, si ritirasse in convento, come monaco cistercense.

Dante, che pure ne ammira la poesia (cfr. De vulgari eloquentia II 2) lo colloca all’Inferno (XXVIII 118-142) tra i seminatori di discordia: “Io vidi certo, ed ancor par ch’io ‘l veggia, / un busto senza capo andar… / e il capo tronco tenea per le chiome, / pésol con mano a guisa di lanterna”. Poi il poeta si avvicina al guerriero, che subito gli rivolge la parola: “sappi ch’io son Bertram dal Bornio… / Io feci il padre e il figlio in sé ribelli / … / Perché io partii così giunte persone, / partito porto, il mio cerebro, lasso! / dal suo principio, ch’é in quest troncone: / così s’osserva in me lo contrapasso”.

Bertran fu cantato pure da Ezra Pound, che in Personae ne fece un ispirato ritratto: “Io non ho vita se non quando s’incrociano le spade / Ma ah! quando vedo gli stendardi d’oro e di porpora / contrapporsi, / e i vasti campi sotto di loro diventar vermigli, / allora urla il mio cuore quasi impazzito di gioia“.

La figura del de Born ha un ruolo assai importante anche in 3012, l’ultimo “scandaloso” libro di Sebastiano Vassalli. In questo romanzo di fantascienza, ci viene mostrato un mondo futuro, ma tanto simile al nostro, in cui non vi sono più guerre, ma che proprio per questo è dilaniato dalla violenza interna: guerriglia urbana, suicidi, terrorismo, traffici di organi, esperimenti genetici, serial killer, lotte fra bande, criminalità, corruzione, indifferenza, ipocrisia, odio sono i mali di una società che sta implodendo. Fino a quando Antalo, il Profeta, illuminato dalla lettura dell’Elogio della guerra del poeta provenzale, riscopre il valore profondo che ha la guerra e comincia a predicarlo: “la guerra è movimento e vita, la pace è arresto del movimento e morte. La guerra è creazione e invenzione, la pace è stagnazione e putredine. La guerra è rischio che affina tutte le capacità umane; la pace è assenza di rischio che ingigantisce le invidie, scatena le nevrosi, fa prosperare l’odio”, “la guerra è il contrario dell’odio. Chi non è maturo per la guerra, non è maturo per la gioia. La guerra è gioia”. Antalo verrà ucciso, ma la sua predicazione non morirà con lui, darà, anzi, vita ad un mondo migliore, un mondo rigenerato dalla guerra.

È bene sonolineare che, in quanto abbiamo detto, la guerra ha un significato assai piu elevato di quello che le viene dato in quest’epoca oscura in cui viviamo. D’altronde oggi il conflitto è solo un aspetto della modema società tecnologica, una parte del processo capitalistico dove si consuma piu rapidamente ciò che si è prodotto; la dimensione individuale è scomparsa, dominando la tecnica e la meccanizzazione; il soldato, che si è ridotto ad essere un semplice ingranaggio di un sistema disumano, non combatte contro altri uomini, ma contro macchine, trasformandosi spesso anche lui in una macchina (automa) o in un’appendice di essa E la moderna guerra totale non risparmia ormai neanche i civili inermi, scelti sempre più come obiettivo bellico.

Nel medioevo era invece guerra di pochi, guerrieri in quanto uomini liberi, e uomini liberi in quanto guerrieri, guerra che si combatteva lealmente, rispettando precisi codici di comportamento, caratterizzandola in senso eroico il valore ed il coraggio individuali.

ANTOLOGIA CRITICA

La guerra è bella. Bernardo di Clairvaux aveva visto il cavaliere correre, fra prati in fiore, verso la dannazione eterna Ma perfino il grande santo – che non per niente apparteneva a una schiatta feudale – faceva una certa fatica a liberarsi da quell’immagine di giovinezza, di bellezza, di gloria che era il cavaliere in battaglia. I padiglioni, i fiori, i cavalli, gli scudi, le grida: la guerra coinvolgeva tutti i sensi, era come bere un forte vino speziato. II trovatore Bertran de Born si lascia avvolgere e travolgere – lo ha notato, da maestro, il Ruiz Doménec – dal “suono” della battaglia, ch’é anche onda e colore; alla primavera della natura con i suoi colori e i suoi suoni (le fronde, i fiori, gli uccelli), corrisponde la primavera della giovinezza che armata si affronta, anch’essa con i suoi colori (le armi dipinte) e i suoi suoni (le grida della battaglia)”.
Franco Cardini, Quell’antica festa crudele, p. 331.

” No, non è le Tyrtée du moyen âge, come una volta, nell’età romantica, fu chiamato, ma non è nemmeno il morboso e sadico cantore della strage e del purpureo sangue, che si compiace nell’odeur de la bataille, una sorta di D’Annunzio du moyen âge, lui, Bertran de Born, o chi altro sia l’autore del sirventese in esaltazione del battagliare (ma quasi certamente è suo). Non lo muove neppure un pensiero morale o politico e non gli passa per la mente un concetto filosofico su Polemos padre delle cose tutte, ma semplicemente è preso dalla gioia della vita, che è movimento, che è attività, che è avventura e pericolo, che è offendere e difendere e scoprire il petto ai colpi altrui, che è dar morte e saper morire, così vivendo. Bella è la vita per sé stessa, tutta bella, come la natura nel suo germogliare, fiorire e crescere a rigoglio, non avendo altro fine che questo suo impeto stesso di effondersi e di fare”.
Benedetto Croce, Poesia antica e moderna, p. 143.

Certo, un avventuriero Bertran. Ma generoso e appassionato ed esaltatore della guerra e della lotta per l’urgenza delle idealità eroiche e cavalleresche che si agitano nel suo spirito. Certo, nella guerra e nella violenza e nella rapina Bertran vede anche l’unico mezzo con cui può il cavaliere provvedere alla sua vita. Ma non per una brutale concezione diremo, brigantesca, da masnadiere: bensì per l’odio profondo che, egli, da buon cavaliere, prova per ogni attività mercantile e borghese. È il sentimento comune ai trovatori, che ripudiano la nozione borghese della ricchezza sordida non eroica. Non si può giudicare di Bertran non collocandosi nell’atmosfera del mondo cortese del XII secolo, in aspro dissenso con la società borghese che si va vittoriosamente affermando”.
A. Viscardi, Le letterature d’oc e d’oil, p. 185.

Per concludere presentiamo la prima stanza dell’Elogio della guerra in lingua originale e 2 brevi frammenti tratti da altri sirvantesi dell’autore:

Be-m platz lo gais temps de Pascor, que fai fuohlas e flors venir, e platz mi quan auch la baudor des auzels, que fan retentir lor chan per lo boschatge. E platz mi quam vei sobre-ls pratz tendas e pavilhos fermatz, et ai gran alegratge quan vei per la champaha rengatz chavaliers e chavals armatz”.

[scoppiata la guerra] “non si vedranno più per le strade i mercanti andarsene tranquilli, e i borghesi vivere sicuri… ricco sarà chi vorrà allungar la mano…”. “Se troverò dei panciuti Poitevins, vedranno come taglia il mio brando: dei loro cervelli farò poltiglia mista a maglie di casco…”.

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Da Algiza 8, pp. 18-20.

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4 Responses

  1. chandra tule
    | Rispondi

    Ne riparleremo quando sarai tu ad essere un panciuto Poitevins…

  2. sergio pedrocchi
    | Rispondi

    già… che bello guerreggiar a fil di spada

    non ho mai letto niente del genere in chi insegnava ad essere un buon samurai, tra l'altro avevano la Katana che colpiva con più precisione e velocità …(avendo lo spirito di usarla)

  3. Mauro
    | Rispondi

    Salve. Vorrei sapere, se qualcuno ne è a conoscenza, da quale dei libri di Roncaglia è tratta questa traduzione. Grazie a chi saprà aiutarmi

  4. gigi
    | Rispondi

    ciao,bello bello 🙂

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