Elogio del padre, dell’eroe e del guerriero

I Cavalieri di Riccardo Scarpa 

Se dovessimo indicare un libro di recente pubblicazione, latore di una visione del mondo contrapposta a quella oggi dominante, non avremmo dubbi: si tratta dell’ultima fatica di Riccardo Scarpa, Asceti armati. Spirito marziale, animo cavalleresco ed Ordini equestri e premiali, archetipi eterni e storia, da poco edito dalla University Press di Pisa (il volume è in vendita presso le  maggiori librerie on-line, lo si può acquistare anche scrivendo a press@unipi.it, euro 30,00). Come si evince fin dal titolo, è un’opera monumentale di oltre settecento pagine. Non abbia timore il lettore, il libro si legge d’un fiato, dato il tratto lieve e coinvolgente della prosa dell’autore. Scarpa presenta in modo esemplare il paradigma dell’Eroe e del Guerriero, avvalendosi di una vastissima erudizione pluridisciplinare, che spazia dalla storia alla letteratura, dalla mitologia d’Oriente e d’Occidente alla Scienza Sacra, dal sapere giuridico alla filosofia. Asceti armati non è, comunque, lavoro riducibile alla consueta produzione saggistica, ma rappresenta qualcosa di ulteriore.

Nelle sue pagine, l’autore ha posto allo scoperto la propria “cerca”: si tratta del “libro di  una vita”, lungamente pensato, meditato, non solo sotto il profilo intellettuale, ma anche dal punto di vista spirituale. L’oggetto indagato, il Cavaliere, altri non è se non l’incarnazione di un’Idea, di un archetipo eterno, la cui irruzione nel tempo, data la sua natura, è sempre possibile. Chi è infatti il Guerriero? La risposta di Scarpa è chiarissima: è colui che “sacrifica e si sacrifica, cioè rende sacro e si rende sacro, per la predisposizione a lasciare le forme fisiche per un Ideale, che comporta la fedeltà estrema alla propria comunità e a chi la regge”. Precisa nell’informata prefazione Davide Bigalli, storico della filosofia dell’Università Statale di Milano nonché presidente della Scuola romana di filosofia politica, che l’esegesi dell’autore mira, innanzitutto, a rivendicare al mondo pre-cristiano l’origine del fenomeno della Cavalleria. L’incipit cavalleresco sarebbe legato all’affermazione dello Sciamanesimo. Non casualmente, il cavallo è famulus, aiutante, tanto del Cavaliere, quanto dello Sciamano. Queste due figure archetipiche hanno in comune il tamburo e le armi: entrambi conducono una guerra, il secondo contro gli spiriti avversi, il primo contro i nemici interni ed esterni. L’iter guerriero è un percorso iniziatico, rituale, che indirizza, chi se ne faccia interprete, al confronto con i Piccoli e i Grandi Misteri.

In Mongolia, viene ricordato, sono state rinvenute “stele del cervo” e evidenze archeologiche di un popolo detto Rittervolk, dei Cavalieri, risalente al V millennio a.c., ma è nella cultura di Andronovo, fiorita nell’area uralica tra il II millennio e metà del primo a.c., che sono state rintracciate le prime testimonianze del carro da guerra con ruote a raggi, attestanti l’esistenza di guerrieri a cavallo come Ordine specifico. Le culture sciamaniche, quindi anche quelle guerriere ad esse afferenti, rinviano ad una discendenza diretta dalla Tradizione primordiale, iperborea. Non è casuale che a Roma la Tradizione attribuisca a Romolo l’istituzione dell’Ordine degli Equites. La cosa assolutamente significativa del lavoro di Scarpa, sta nell’aver attraversato la storia della Cavalleria, dalle lontane origini preistoriche fino ai nostri giorni. In questo senso il volume è unico nel suo genere.

Il lettore è sapientemente accompagnato attraverso le pagine della letteratura trovadorica, lungo i sentieri battuti dall’Ordine Equestre romano e poi costantiniano. Nella narrazione rivivono le gesta dei Cavalieri della Tavola Rotonda, viene analizzato il templarismo di Dante,  presentati i tratti realizzativi della Cavalleria islamica, araba e turca. Don Chisciotte si fa figura della riemersione della funzione guerriera nell’età moderna, così come alcuni aspetti della filosofia di Vico sono letti quali testimonianze dell’imprescindibilità, per la civiltà, dell’iniziazione guerresca. Come scrisse Michelet: “Questo mondo sprofonderebbe il giorno in cui non producesse più un Cavaliere”. E’ quanto sta accadendo.  Da qui l’azione rammemorativa del testo, che introduce al Codice cavalleresco italiano di Jacopo Gelli e alle sorti di tre Guerrieri contemporanei, D’Annuzio, Tolkien ed Jünger, con l’intento di mostrare come, nonostante la progressiva secolarizzazione del mondo e la laicizzazione della guerra, sia ancora oggi possibile aderire all’archetipo primordiale simbolizzato nel 1513, in un passaggio cruciale per l’Europa,  da Dürer nel Cavaliere, la morte e il diavolo.

Un libro che parla con chiarezza al nostro tempo di una mancanza essenziale, che rende la vita d’oggi priva del tratto festivo. L’Occidente contemporaneo ha assassinato il Padre, punto archimedeo del tradere, recidendo, in tal modo, la sintonia del presente con l’origine. Ciò ha impedito di progettare il mondo su un diritto imprescindibile, di cui sempre dovrebbero beneficiare gli uomini, che Ortega y Gasset ribattezzò il diritto alla continuità. L’uomo, scrisse il filosofo spagnolo, non è mai un primo uomo “può cominciare a vivere solo ad un certo livello di passato accumulato”. Nel regno di Big Mother, nell’epoca della femminilizzazione del mondo e del consumo assolutizzato, il nuovo soggetto della storia è l’uomo senza Tradizione, consumatore-consumato. Padre, Guerriero ed Eroe sono figure neglette, relegate all’ambito della psico-patologia o in quello giudiziario. Il campo psicologico della funzione maschile-guerriera, del Cavaliere gentiluomo di cui Scarpa dice, è sempre stato simbolizzato dal Fallo. La vita dell’Eroe, dell’uomo pervaso dalla tensione erotica, è donazione e eccesso. Il Cavaliere si spende per il bene comune, per i deboli, per le donne, nel tentativo di ricomporre l’ordine leso. Lo stesso medioevo cristiano conservò sentore del nesso Fallo-Cavaliere: questi è Parceval, colui che penetra la valle, prima di conseguire la condizione di Parsifal, il puro folle, che nell’empito guerresco perviene a sperimentare la coincidentia oppositorum.

Al contrario, la psicologia dell’ultimo uomo, l’antropologia che domina i nostri giorni, ha il tratto del risparmio energetico. Per questo, come ebbe a rilevare Julius Evola: “L’attimo in cui il singolo giunge a vivere da Eroe sulla bilancia dei valori pesa infinitamente più di tutta un’esistenza longeva che egli avesse consumata monotonamente nei trivi della città”. Ci auguriamo che il libro di Riccardo Scarpa sia il primo annuncio di un mondo capace di rendere nuovamente onore al Padre, all’Eroe e al Cavaliere!

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Giovanni Sessa è nato a Milano nel 1957 e insegna filosofia e storia nei licei. Suoi scritti sono comparsi su riviste e quotidiani, nonché in volumi collettanei ed Atti di Convegni di studio. Ha pubblicato le monografie Oltre la persuasione. Saggio su Carlo Michelstaedter (Roma 2008) e La meraviglia del nulla. Vita e filosofia di Andrea Emo (Milano 2014). E' segretario della Scuola Romana di Filosofia Politica, collaboratore della Fondazione Evola e portavoce del movimento di pensiero "Per una nuova oggettività".

2 Responses

  1. Nebel
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    In realtà, da donna e madre, non riconosco alcuna “femminilizzazione della società né un “nuovo matriarcato”. Anzi, la donna cerca di mascolinizzarsi e di rinnegare la sua natura di parte femminile, svalorizzando l’immensa importanza che ha ha maternità nell’ambito della crescita sociale e la presenza muliebre nella famiglia quale sostegno, educazione, custode di affetti, relazioni e tradizioni. Piuttosto mi sembra in atto un tentativo di debellare sia il genere maschile che quello femminile nelle loro più alte espressioni, quella del padre, del compagno, del guerriero e quella della madre, della compagna, l’accoglimento in favore di un nuovo tipo sociale confuso e privo di ruolo, dunque debole. Mi auguro che questo non accada. E ripongo speranza in una nuova generazione di Cavalieri.

  2. Michelangelo
    | Rispondi

    Condivido la convinzione che nell’epoca attuale non sia predominante il Femminino, tradizionalmente inteso, nella sua manifestazione orizzontale-matriarcale. Le due Radici Tradizionali di Maschile (verticale, spirituale, guerriero) e Femminile (orizzontale, materiale, devozionale) non si palesano autenticamente nel mondo contemporaneo che sottostà bensì al giogo di una vera e propria “entropia ontologica”.
    Il guerriero e soprattutto l’eroe che del primo ne è l’ottava superiore, non sono più modelli significativi per le generazioni attuali (o per la maggior parte di esse, n.b.) proprio perché implicano ontologicamente una visione del mondo Tradizionale, visione che è stata sommersa da ingenti quantità di detriti antitradizionali (ideologici, religiosi, morali, materialistici, ecc.).
    Nostro compito è creare le condizioni perché la Tradizione possa continuare a vivere, nonostante tutto! E chissà che in un futuro non lontano non possa risvegliarsi nuovamente e divampare “lo spirto guerrier ch’entro mi rugge”!

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