Diritti sessuali e cittadinanza intima, cavalli di Troia dell’O.M.S. per sovvertire la sessualità

whoChi legge il documento ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) del 2010, riferito specificamente alla regione geografica europea, rimarrà forse impressionato dal suo tono apparentemente pacato, formale, impeccabilmente “sociologico”, emotivamente spassionato e, per certi aspetti, quasi mellifluo; così come sorridenti, sereni, trasparenti nella loro evidente “buona volontà”, sono i sedicenti esperti che si sono riuniti a Colonia, in Germania, fra il novembre e il dicembre del 2009, per redigere quel documento, e che hanno voluto offrirci la loro foto di gruppo in perfetto stile marketing o Scientology. Sembrano persone assolutamente comuni, le classiche persone “della porta accanto”: dei sorrisi aperti, degli atteggiamenti naturali, un abbigliamento più che informale, ai limiti della trasandatezza, della serie siamo-proprio-come-uno-di-voi, e, di conseguenza, potete-fidarvi-ciecamente-di-quello-che-vi-diciamo.

Naturalmente, bisognerebbe vedere che razza di “esperti” siano e, soprattutto, chi li abbia chiamati a redigere quel documento, evidentemente non gratuito e non frutto di mero volontariato: l’O.M..S. è una istituzione mondiale delle Nazioni Unite, che si mantiene attraverso l’opera di un personale burocratico permanente, ben pagato mediante le contribuzioni dei singoli Stati: pertanto, quei signori sorridenti e volonterosi sono impiegati che conservano la poltrona grazie al nostro portafogli di cittadini dell’Unione europea; e le perle di saggezza educativa che ci propongono, non sono elargite in francescano spirito di dono, ma hanno un tariffario che, guarda caso, esiste grazie al fatto che noi versiamo all’O.M.S., attraverso le tasse, la cifra che le permette di mantenere in piedi il suo vasto e costoso carrozzone. Ma, almeno, ne ricaviamo una qualche, sia pur minima, utilità, come cittadini e come esseri umani?

fricchettoniTornando alla foto di gruppo degli “esperti” di Colonia: saltano all’occhio due cose: primo, sono quasi tutti decisamente giovani, quasi tutti sono i quarant’anni e, molti, anche sotto i trenta; secondo, sono quasi tutte donne. Su venti persone che sorridono, in posa, in quell’angolo di giardino, abbiamo contato solo tre uomini: gli altri diciassette “esperti” sono donne. Questo, come si vede, suscita qualche perplessità, o, quanto meno, qualche domanda: primo, non c’è più bisogno della saggezza di vita e della cultura ampia e diversificata, che sono tipiche dell’età matura?; secondo, tutte queste giovani donne sono state scelte, per caso, secondo un concetto di “quote rosa” che riduce al silenzio il punto di vista maschile, e, magari, secondo l’ulteriore criterio del’appartenenza al filone di pensiero femminista? Sono domande più che legittime. Non sarebbe stato più giusto che almeno metà dei congressisti fossero persone di cinquanta o sessant’anni, con alle spalle un percorso esistenziale, intellettuale e culturale capace di esprimere anche il punto di vista delle generazioni meno giovani? Forse l’O.M.S. ha deciso che il parere delle persone anziane non serve più a nessuno, e che qualsiasi questione importante deve essere decisa solamente dai giovani? Non sarebbe questa una forma di razzismo generazionale? E, inoltre, perché sono quasi tutte donne? Non è, anche questa, una forma di razzismo di genere? Che cosa avrebbero detto le signore femministe, che oggi spadroneggiano nei salotti culturali che contano, sulle riviste e alle televisioni, se a quel convegno fossero stati chiamati a partecipare diciassette uomini e solo tre donne? Non avrebbero forse gridato allo scandalo, alla sopraffazione maschilista, alla intollerabile prepotenza del maschio padrone e arrogante? Non avrebbero criticato il documento per una questione di principio, senza nemmeno leggerlo, vista la disparità di genere di coloro che lo avevano pensato, discusso, e messo per iscritto?

Il documento, dicevamo, è scritto con molta abilità: disteso, quasi colloquiale, con un taglio che, a tratti, parrebbe di puro e semplice buon senso – beninteso, sempre alla luce della cultura e della sociologia “progressiste”, laiciste, secolariste, materialiste  e sul più rigoroso relativismo etico, con il paravento di un “pluralismo” che si traduce, di fatto, nell’indifferentismo più conseguente e nel nichilismo quale esito pressoché inevitabile. Tuttavia, il bello è riservato alla fine, se qualcuno si prende la briga di scorrere le “tabelle” o le “griglie” con le quali si conclude, e dove si spiega come, e a quale età, si dovrebbe impartire la “giusta” educazione sessuale ai ragazzi, ai bambini e ai lattanti (dal momento che si proclama la necessità di estendere l’educazione sessuale anche ai bambini da 0 a 4 anni). È lì che si può cogliere la filosofia segreta, e neanche tanto segreta, del documento; ed è lì che si comprende esattamente cosa esso intenda quando parla, in continuazione, di “diritti sessuali” della persona e di “cittadinanza intima”, intesa, quest’ultima (la precisazione è del documento stesso), praticamente come sinonimo di sessualità.

Si scopre, così, che da zero a quattro anni, «gli educatori – si legge testualmente – dovranno trasmettere informazioni su masturbazione infantile precoce e scoperte del corpo e dei genitali, mettendoli in grado di esprimere i propri bisogni e desideri, ad esempio nel “gioco del dottore”»; che ai bambini dai quattro ai sei anni si dovranno impartire istruzioni «sull’amore e le relazioni con persone dello stesso sesso», e si dovrà parlare «di argomenti inerenti alla sessualità con competenza comunicativa»; a quelli dai sei ai nove anni, si dovranno dare informazioni sui «cambiamenti del corpo, mestruazioni ed eiaculazione», e spiegare anche «i diversi metodi contraccettivi»; a quelli dai nove ai dodici anni, si dovranno dare informazioni relative ai «rischi e le conseguenze delle esperienze sessuali non protette». Infine, agli adolescenti tra i dodici e i quindici anni si dovranno spiegare concetti quali «pianificazione familiare», «impatto della maternità in giovane età», «presa di decisioni», «gravidanze anche in relazioni omosessuali», «prostituzione e pornografia»; e bisognerà metterli in guardia «dall’influenza della pressione dei pari, dei media, della pornografia, della cultura, religione, del genere, delle leggi e delle condizioni socioeconomiche sulle decisioni riguardanti la sessualità, la relazione di coppia e il comportamento sessuale».

Si tratta di un insieme di “atti educativi” il cui scopo, evidentemente, è quello di azzerare la morale corrente, di giocare d’anticipo rispetto a quel che i genitori “tradizionalisti”, o gli adulti in genere, o, peggio che peggio, la Chiesa, potrebbero dire o fare; all’esempio che potrebbero trasmettere con le parole o con i comportamenti; insomma, creare una assoluta (e, in realtà, impossibile) tabula rasa nella mente e nel cuore del bambino e del ragazzo, per consentirgli di fare delle scelte perfettamente “autonome” e “consapevoli”. Laddove quelle scelte non saranno, né potranno essere, autonome, se per “autonome” si intende, come quei signori paiono intendere, svincolate e liberate da qualsiasi modello e da qualsiasi schema concettuale, nonché da qualsiasi valore o gerarchia di valori. È la vecchia utopia di Rousseau e degli illuministi: distruggere il passato, annientare la tradizione, sospendere e congelare, per così dire, anche l’influenza della società presente (come nell’Emilio), e così permettere al ragazzo di scegliere la sua vita in tutta “libertà”. Ed è una utopia carica di errori filosofici, dal principio alla fine: perché il sensismo, che ne sta alla base, è insufficiente a spiegare l’origine della conoscenza umana, e soprattutto perché la libertà umana, intesa in senso assoluto, è, semplicemente, una impossibilità, tanto logica che pratica.

Guardando le facce di quei signori “esperti” di Colonia, sorridenti davanti all’obiettivo e palesemente soddisfatti dell’utile contributo da essi dato al progresso della civiltà cui apparteniamo, si è incerti se si tratti di utili imbecilli o qualcosa di peggio. Nel primo caso, essi non si rendono conto, alla lettera, di ciò che hanno teorizzato: un bambino “in vitro”, al quale si possano fornire informazioni assolutamente “neutre” e “imparziali” in materia sessuale; una specie di cyborg minorenne, che, grazie agli sforzi di persone come loro, assolutamente rispettose della loro “libertà” (la libertà di un bambino da 0 a 4 anni, per esempio!), potranno crescere liberi da ogni forma di condizionamento e di pregiudizio. Nel secondo caso, essi – o meglio, esse: diciassette donne su venti partecipanti – sanno benissimo che un tale progetto è impossibile; e che si tratta, dietro tante belle formule e frasi scientificamente neutre, di sostituire la “vecchia” educazione sessuale, il “vecchio” modello familiare, fondato sulle figure genitoriali del papà e della mamma, una nuova educazione sessuale ed un nuovo modello familiare, aventi quale nucleo l’ideologia gender e, più in generale, un edonismo sessuale rigoroso, riducibile, in fondo, alla nota formula del tristemente celebre mago “nero” Alester Crowley (e ripresa dai signorini «Beatles» in uno dei loro dischi di successo): Fa’ quel che vuoi.

Forze potenti si stanno muovendo per introdurre nella scuola, con la benedizione dell’O.M.S., nuove figure di ”esperti”, ad esempio persone transessuali, le quali potranno spiegare ai bambini quanto è bello e liberatorio poter scegliere e “decidere” il proprio sesso, così come si può “decidere” di rimodellare il proprio corpo o avere una gravidanza a sessant’anni, visto che la tecnologia né dà la possibilità, così come dà la possibilità di selezionare i caratteri genetici e di pianificare il colore degli occhi o dei capelli, nonché di clonare a piacere gli esseri viventi, magari scegliendo tre o più “genitori” per la fecondazione e la nascita di un nuovo individuo. Per adesso, bisogna accontentarsi di avere degli “esperti” di educazione sessuale che vanno nelle scuole per insegnare ai bambini come si infila un preservativo sopra un pene di plastica o di legno, o come si inserisce una spirale in una vagina, sempre di plastica o di legno; oppure che spiegano ai bambini dell’asilo, cioè a bambini  da zero a quattro anni, che masturbarsi è la cosa più naturale del mondo e una delle più belle, e che non devono badare a quegli adulti, a cominciare dai loro genitori, i quali dicessero cose diverse o mostrassero di pensarla in altro modo.

gender-diktatLa domanda che sorge spontanea, comunque, a monte dei contenuti specifici del documento, che, se tutto va bene – cioè, se tutto va male – verrà presto applicato e reso operativo nelle scuole pubbliche di tutta Europa (e c’è pure un biasimo per il mancato coordinamento fra Paesi dell’Ovest e dell’Est: perché questi ultimi sono restii ad accogliere le normative più “evolute” degli occidentali), è con quale diritto, con quale preteso o con quale stratagemma quei signori si permettono di estendere alla sfera dell’educazione scolastica il concetto della “sanità”. In effetti, essi sono, o dovrebbero essere, degli “esperti” di questioni sanitarie: come accade, allora, che si prendono il diritto di impartire istruzioni su come si devono educare i bambini prima dell’asilo, durante l’asilo e, poi, alla scuola elementare e alla scuola media? Che c’entra l’educazione con la sanità? Con questa interpretazione estensiva del concetto di “tutela della salute”, si potrebbe, volendo, intervenire anche sui programmi di scienze (biologia), di arte (anatomia), di letteratura (tutti i testi afferenti la sfera sessuale e riproduttiva), per non parlare della filosofia: e, forse, è proprio questo che quei signori vogliono. Il loro obiettivo finale è l’asservimento totale dell’educazione al loro progetto di rifondazione educativa mondialista: che consiste, né più, né meno, nella instaurazione di un totalitarismo di nuovo genere, quello illuminista-radical-democratico. Con la scusa di ”informare” i bambini e i ragazzi, essi mirano, in realtà (per usare l’espressione galileiana) a “rifare i cervelli”. E rifare i cervelli è l’antico sogno di tutti i totalitarismi, e specialmente di quelli democratici: perché, una volta che si sia riusciti in ciò, non vi sarà più bisogno di giustificare nulla davanti a nessuno. Semplicemente, non esisteranno più forme di pensiero alternativo, e tutti vivranno (più o meno) felici e contenti.

Non ci vuole molto per smontare dalla radice tutta la grossolana impalcatura della cosiddetta educazione sessuale mondialista, globalista e omosessualista dell’O.M.S. Tanto per cominciare: che significato hanno espressioni (dichiarate come equivalenti) quali “diritti sessuali” e ”cittadinanza intima”? Che cos’è un “diritto sessuale”? È il diritto di fare dei propri organi genitali quel che più pare e piace? Se è così, noi contestiamo fermamente che una cosa del genere sia l’equivalente di una “educazione sessuale”. Nessun serio progetto educativo, infatti, parlerà mai solo di diritti; ad ogni diritto, deve corrispondere, di necessità, il relativo dovere. Eppure, la parola “dovere” non compare mai nel verboso documento degli “esperti” di Colonia del 2010. Quanto al concetto di “cittadinanza intima”, sarebbe, come pare, l’equivalente del concetto di cittadinanza, esteso alla sfera dei “diritti sessuali”? Cioè: come esistono i diritti della cittadinanza, così esistono i diritti relativi al sesso? Ma, di nuovo: il concetto di cittadinanza implica la nozione dei doveri accanto a quella dei diritti. Una cittadinanza che consista di soli diritti e che non preveda anche i corrispettivi doveri è un non-senso, e porta dritta verso uno stato di totale dissoluzione sociale. Ma forse è proprio questo che quei signori vogliono. Forse non sono così sciocchi o ingenui, come sembrano…

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Francesco Lamendola, laureato in Lettere e Filosofia, insegna in un liceo di Pieve di Soligo, di cui è stato più volte vice-preside. Si è dedicato in passato alla pittura e alla fotografia, con diverse mostre personali e collettive. Ha pubblicato una decina di libri e oltre cento articoli per svariate riviste. Tiene da anni pubbliche conferenze, oltre che per varie Amministrazioni comunali, per Associazioni culturali come l'Ateneo di Treviso, l'Istituto per la Storia del Risorgimento; la Società "Dante Alighieri"; l'"Alliance Française"; L'Associazione Eco-Filosofica; la Fondazione "Luigi Stefanini". E' il presidente della Libera Associazione Musicale "W.A. Mozart" di Santa Lucia di Piave e si è occupato di studi sulla figura e l'opera di J. S. Bach.

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