Contro il tricolore

Luca Tadolini, Contro il tricolore I pennivendoli che scrivono la storia secondo il Vangelo Democratico troverebbero utili indicazioni per un ripensamento critico del loro lavoro se leggessero Contro il tricolore, di Luca Tadolini. Questo volumetto ricostruisce le vicende che hanno visto la nascita della bandiera italiana a Reggio Emilia, durante l’invasione napoleonica. Nel XVIII° secolo il Ducato di Modena e Reggio era già minato dalle riforme illuministe del duca Ercole III°, che soppresse alcuni ordini religiosi, e che creò le condizioni per la scalata al potere di una rapace classe di speculatori la cui unica etica era quella del profitto. La concentrazione della ricchezza nelle mani di questi avvoltoi determinò l’impoverimento delle masse contadine, che andavano a mendicare in città, dove non trovavano più l’assistenza degli ordini religiosi, formando in questo modo un “proletariato” di cui la borghesia si servirà nella sua rivoluzione antitradizionale. I giacobini reggiani organizzarono l’insurrezione all’avvicinarsi delle truppe napoleoniche, e il 26 agosto 1796 i francesi alzavano nella piazza principale l’“albero della libertà”. Tuttavia, quando i giacobini cominciarono l’annessione dei centri minori, si trovarono di fronte all’ostinata resistenza delle popolazioni rurali, che rifiutavano istintivamente gli appelli degli “intellettuali” rivoluzionari. Mentre il popolo rimaneva saldo nei valori della Tradizione, i “filosofi” illuministi inventavano una bandiera per i territori conquistati da Napoleone: il 7 gennaio 1797 nasceva così il tricolore italiano, squallida imitazione di quello francese. Quando nel 1799 transitò dalle terre reggiane il papa Pio VI°, che veniva portato in prigionia in Francia, l’insorgenza antinapoleonica conobbe una spettacolare impennata. I giovani andavano ad ingrossare le file dei partigiani della Controrivoluzione, conducendo una guerriglia che si rivelò estenuante per i francesi, nel frattempo pressati dalla riconquista di austriaci e russi che avanzavano dal Nord. Gli insorgenti, guidati dal conte Giorgio Federico di Montalbano, tennero impegnata l’armata francese fino all’arrivo dei liberatori austriaci. Com’è noto, successivamente Napoleone scese ancora in Italia, ma i francesi, pur riaffermando il loro dominio, si trovarono sempre di fronte a rivolte e forme di guerriglia fino alla caduta di Napoleone nel 1814.

L’Italia come nazione unitaria è nata dalle idee giacobine che hanno cominciato a vermicolare negli antichi stati italiani con l’invasione napoleonica, e per questo si è configurata fin dall’inizio come uno stato antitradizionale, creato artificialmente da intellettuali sradicati e nichilisti con l’interessata complicità di potenze straniere. La bandiera italiana, figlia della rivoluzione francese, è il simbolo di quel sistema di potere massonico-mafioso che rappresenta soltanto le élites finanziarie e burocratiche, e non le esigenze concrete del popolo, che erano più efficacemente prese in considerazione dalle classi dirigenti della società feudale. Lo stato italiano è nato dalla mescolanza di etnie e di comunità che nulla avevano in comune fra di loro, e nessuno ha mai creduto seriamente all’Italia come nazione unitaria, se non una classe politica autoreferenziale il cui unico progetto è la gestione di clientele elettorali.

I politici italiani, servilmente ossequienti ai dogmi dell’internazionalismo, da una parte si impegnano nella progressiva dissoluzione dell’identità nazionale italiana, dall’altra parte devono rintuzzare il richiamo alle identità ancestrali che si esprime nell’attaccamento alle “piccole patrie” regionali. Pressati su questi due fronti, i rappresentanti delle istituzioni democratiche hanno cercato di reinventarsi i miti del “risorgimento”, sciorinando una ributtante orgia di retorica “nazionalista” che, fino a pochi anni fa, sarebbe stata tacciata di “fascismo”. Rispolverare la retorica di metà ‘800 è già di per sé un’operazione culturale patetica nel XXI° secolo, ma quel che è peggio è che questa retorica “nazionalista” viene riciclata proprio da quei politici che hanno tolto all’Italia la sovranità territoriale e la sovranità monetaria, e il cui obiettivo dichiarato è di instaurare la cosiddetta società “multirazziale”, che ogni giorno di più mostra il suo volto di società multicriminale. Del resto, a dimostrazione di quanto sia astratta l’idea di Italia, basta pensare che durante la “festa del tricolore”, che è stata istituzionalizzata per celebrare la nascita dell’infausta bandiera, a cantare l’inno nazionale è un coro di bambini extracomunitari… (anche loro “Fratelli d’Italia”?). In questa cerimonia allucinata il tricolore mostra la sua intima natura di bandiera massonica per la società “multirazziale”!

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Luca Tadolini, Contro il tricolore, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 1994, pp.40, euro 4,00.

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Michele Fabbri ha scritto il libro di poesie Apocalisse 23 (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2003). Quella singolare raccolta di versi è stata ristampata più volte ed è stata tradotta in inglese, francese, spagnolo e portoghese. Dell’autore, tuttavia, si sono perse le tracce… www.michelefabbri.wordpress.com
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