Il contadinato quale fonte di vita delle comunità etnonazionali europee

Per capire appieno l’ideale etnonazionalista è indispensabile conoscere il pensiero völkisch.

Un legame di popolo a livello biologico attraverso il Sangue e la Razza ed un mitico radicamento nel Suolo dell’Heimat, nell’idioma e negli usi e costumi trasmessi dalla Tradizione rappresentano il pensiero völkisch.

La forza di tale pensiero risiede proprio nella profonda carica emotiva e passionale che era (è) capace di trasmettere.

Franco Cardini, Astrea e i titani. Le lobbies americane alla conquista del mondo Unico e vero depositario dello spirito völkisch era ed è il contadinato, il quale vive in stretto contatto con la natura, da cui attinge quelle virtù d’integrità, genuinità, sincerità, amore per la famiglia, per la propria comunità etnonazionale che da sempre lo contraddistinguono.

Da sempre, infatti, il mondo contadino si è levato a difesa di quei valori atavici, quali l’Identità etno-razziale, la Spiritualità e la Tradizione, che giacobini e massoni volevano (e vogliono) distruggere.

Come afferma R.W. Darré in Neuadel aus Blut und Boden, l’uomo, considerato innanzi tutto nella dimensione biologica di portatore e custode nel suo Sangue di un prezioso patrimonio genetico, doveva realizzare la sua esistenza attraverso un’intima fusione con la terra. Egli doveva “come la pianta mettere radici nel suolo per prendere parte alla forza primigenia, eternamente rinnovatesi della terra”. “Vogliamo far diventare di nuovo il Sangue e il Suolo il fondamento di una politica agraria tedesca chiamata a far risorgere il “contadinato” e con ciò superare le idee del 1789, cioè le idee del liberalismo. Perché le idee del 1789 rappresentano una Weltanschauung che nega la razza, l’adesione al contadinato invece è il nucleo centrale di una Weltanschauung che riconosce il concetto di razza. Intorno al contadinato si scindono gli spiriti del liberalismo da quelli del pensiero völkisch”(1).

Ecco perché noi etnonazionalisti völkisch incoraggiamo la rivalutazione del mondo contadino e rurale, promuovendo il ripopolamento delle aree di campagna e montagna.

Noi contrapponiamo all’anonimo e grigio cittadino delle metropoli, privo di radici etniche e sprituali, e perciò cosmopolita, la “nobiltà” del contadinato, il mondo rurale ed agreste in cui s’incarnano e si plasmano in maniera organica i valori della Razza, del Sangue, dello Spirito e della Tradizione.

Massimo Fini, Sudditi Scrive a tal proposito Darré: «Gli abitanti delle grandi città trovano raramente, nella loro costante inquietudine, in mezzo al mare di pietre, un luogo con il quale si sentano intimamente legati. (…) Ernst Hasse afferma giustamente: “La campagna è la patria dell’uomo in quanto individuo”. (…) La città al contrario, a parte qualche rara eccezione, produce individui fatti in serie. Lavorare il suolo dei propri antenati, lottare con le forze della natura, curare le bestie e le piante nelle diverse stagioni, suscita una indiscutibile forza d’animo, quel “senso interiore” già menzionato che è come parte della natura stessa, radicato in questa e da questa creato. Il paesaggio agreste agisce così sull’anima, per ricevere a sua volta l’influenza della forza creatrice dell’uomo, quando quest’ultimo ha conservato il senso della razza. Dall’intimo vincolo con la terra che ne deriva, nasce una maniera d’agire e di comportarsi che dà all’uomo il suo posto in seno al suo popolo: infatti, proprio mediante quello che trae dal suolo la vera nobiltà serve la patria, il popolo e lo stato»(2).

«Darrè vedeva nel contadinato il nucleo razziale e culturale omogeneo per salvare dall’estinzione il popolo tedesco e le altre popolazioni di ceppo indoeuropeo: ”il senso di continuità e il legame con la propria stirpe viene trasmesso dalla terra”. Per questo si opponeva con ogni mezzo all’urbanesimo, pensando che l’idea nordica non poteva sopravvivere all’urbanizzazione: i contadini inurbati perdevano le loro radici ed erano irrecuperabili; il proletariato urbano per Walther Darrè altro non era che ‘spazzatura etnica’. Per questo doveva esserci un legame organico indissolubile fra terra, cultura, popolo e Stato». Questo scrive Gualtiero Ciola a proposito della Weltanschauung di Darrè(3).

Bisogna ritornare ad una concezione che veda nella terra non più un bene economico legato solamente al puro valore di scambio, oggetto di transizioni commerciali, alienabile, passibile di vendita o di cessione, ma come materializzazione vivente dell’Ahnenerbe, dell’eredità ancestrale degli Avi, rappresentazione terrena di un luogo mitico ove gli Avi hanno impresso il proprio Sangue, la fedeltà alle proprie radici etniche ed alle proprie tradizioni.

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Note:

(1) Walther Darré, La nuova nobiltà di sangue e suolo, Edizioni di Ar.
(2) Walther Darré, La nuova nobiltà di sangue e suolo, Edizioni di Ar.
(3) Gualtiero Ciola – Alessandra Colla – Claudio Mutti – Thierry Mudry, Rivolte e guerre contadine, Società Editrice Barbarossa.

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