Arte astratta

arte-astrattaMi son note le opere tue, e come hai

fama di vivo, e sei morto.

GIOVANNI Ap. 3-1.

Noi vediamo la folgore nella luce che se ne riflette su scenari di cartone colorato, e non concepiamo che folgore possa esistere altrimenti, da sè, fuori e diversamente da quella luce, nel puro infinito cielo: la corrente elettrica, è, per noi, il tram che cammina, la lampadina elettrica che rischiara.
E si parla di coscienza e di profondità.
Quel che vi è di fondamentalmente puro nell’individuo non si conosce, non si ha; e nella coscienza e nella fede e nella volontà / della forma pratica si risolve invariabilmente ogni reale dello spirito.

Dalle cime, la viva corrente si riversa in pianura: là incontra una serie di trasformatori e di utilizzatori, per cui una parte di essa va a muovere turbine, altra ad irrigare terreni, altra ad abbeverare città, altra infine ad immobilizzarsi contro immani oscure dighe. Per la pianura, corrente significa acqua potabile, energia idraulica, elettricità…
Così in me l’Io non è l’Io, ma io-pratica, io-sentimento, io-filosofia. La malattia ha costruiti i trasformatori, e fa si che mai si sia tratti a sentire, a possedere l’Io, l’Io fuor dalle categorie, l’Io senso dell’intima libertà egoistica, l’Io infinita ricchezza per cui la vita di ogni giorno appare estranea ed irreale spoglia, incomprensibile tumefazione e corruzione delle mie sfere notturne,
Je est un autre. (1)

Virtualmente, esiste ad ogni istante la corrente vitale. Ma, dato che i movimenti di tutti i giorni si determinano fra simboli, schemi pratici, comode convenzioni di orientamento, essa non è posseduta, non è pensata, è come se non esistesse.
Così tutta la vita dell’umanità si svolge sulla terra, su un involucro raffreddato di un enorme oceano di fuoco di cui non si utilizza il tepore lontano e pallido; i fuochi che rischiarano l’«umanità» e di cui essa unicamente ha bisogno, sono piccoli, addomesticati, artificiali. Per la sua non-vita, l’uomo del mercato non sa che farsene del fuoco interno: tutto quel che ha costruito e di cui vive, è indolenza, vigliaccheria, corruzione, elemento simbolicamente statico in luogo di elemento vitale, e la fiamma interiore che giace abbandonata ai suoi piedi, se posseduta, gli scardinerebbe tutte le sue tiepide città, gli distruggerebbe tutti i suoi ideali ridicoli, le comodità, le voluttuose assenze, gli idoli: lo annienterebbe. Ma egli cerca l’oblio, l’assenza di sè stesso: ossia la pratica, il fenomeno, il patire: ed in quella affoga, come il bruto nella carne della sua femmina: disperatamente e Voluttuosamente.

Non esiste nella pratica nessuna necessità. Affermare il contrario, equivarrebbe a dire che, per il fatto che tutti i corpi sono naturalmente soggetti alla forza d’inerzia, non sia possibile al mondo altro che moto uniforme e rettilineo. Ora le leggi della pratica / della natura e del sentimento/, rappresentano il solo effetto di una inerzia spirituale. Ogni verità, infatti, è comodità, cosi come ogni reale ed ogni necessario. Il fondamento della validità dei principi logici fondamentali, come dei postulati delle scienze, come degli elementi ontologici delle morali, sta nella loro comodità: essi realizzano un minimo nella necessaria attività pratica dello spirito. Volere che lo spazio abbia n dimensioni anziché tre, che non vi sia Dio, che non esista una verità, che i principi di identita e causa non siano indispensabili nel ragionamento logico, è un entrare in un altro ordine di possibilita, ove però l’io pratico dovrà realizzare una attività ben più grande; se si può chiamare errore, la preferenza di uno che abbia l’automobile di compiere un viaggio a piedi, è errore dell’identico grado.
Il principio di comodità opera automaticamente, fuor dalla coscienza diretta; e la will to believe, base d’ogni reale, ne conferma le costruzioni e le illumina di logica passionale.

A questo punto alcuni pragmatisti /CALDERONI, in parte POINCARE, VAILATI/ ritrovando detta realta invariabilmente dietro all’inconscio d’ogni posizione, hanno voluto porla come principio regolatore da assumersi in diretta coscienza non solo, ma anche come necessità spirituale. Ora questo è radicalmente arbitrario. La legge d’inerzia è sempre una proprietà negativa: “i corpi si muovono di moto uniforme e rettilineo se non esistono cause che ne modifichino il movimento“. Ma senza queste cause lo stesso principio d’inerzia non avrebbe potuto essere percepito. E l’aver enunciata l’accennata teoria è dimostrazione di aver obbedito ancora una volta, in specie filosofica, alla dolce passività…
Ora io non voglio rimuovere le leggi della pratica: ma non posso tollerare che di questa necessità effimera si faccia un uso trascendentale in campi assolutamente inadeguati.

Invero, tutto quel che è umano e pratico, può esser superato…
Essi non vedono perchè hanno occhi, non sentono perchè hanno orecchie.

Ritrovamento di sè stessi.
Occorre sentirsi al disopra di tutte le facoltà distinte dalle psicologie e dalle gnoseologie: occorre sentirsi oltre l’atmosfera dell’umanità e degli istinti, porsi nella vita d’ogni giorno e di ogni ora l’ingegnere indifferentemente sapiente che va fra le sue grandi macchine immobili nel giorno di festa, il geometra dinnanzi ai punti, ai piani ed alle figure della sua scienza. (2)
Ciò solo nell’intimo e nella solitudine si deve trovare, dovere e potere.

La filosofia non può nulla. Essa è il metodo della superficialità incosciente; essa, agitandosi nella forma del mercato, pensa di arrivare a qualcosa di profondo. Nel migliore dei casi dice come potrebbe funzionare una locomotiva, e con questo pensa di aver spiegata anche l’essenza dell’energia termica. Ci vuol altro! Ma essa nega l’energia termica in sè, dice che non si può affermare che quel che ha affermato: (3) e siccome non si può vedere una scatola standovi rinchiusi, nè la bilancia si può dir nulla senza uno che non sia bilancia e metta le misure, la filosofia contradice l’atteggiamento stesso che pone un fondamento di validità nella Kritik der reinen Vernunft, di KANT, nella Wissenschaftslehre, di FICHTE, nella logica di HEGEL, in ogni metafisica, insomma: nega sè stessa.
I filosofi presentono l’Io, vi aspirano, ma non son riusciti nè riusciranno mai ad impugnarlo, a possederlo, perchè sono allucinati sulle forme della coerenza e del mercato. Occorre aver ben altro sangue nelle vene: ben altri mezzi di conoscenza…

In quanto alle costruzioni della scienza, esse, presso alla dottrina dell’Io, hanno la stessa importanza che possono aver avute le ricerche del rasoio automatico e della penna stilografica.

L’arte, quale è intesa genericamente /come sentimento o naturalezza; come espressione di quel che vi è di universale ed eterno negli uomini/, non è che abbia possibilità più elevate. Pure, soltanto per un’arte sarà forse possibile il segno dell’esistenza superiore. Ma l’arte è tutta da rifarsi, allora; nell’intera arte passata non vi è stato mai nulla di realmente spirituale… Sentimento e mercato… infinita aspiritualità delle cose spirituali.

Un metodo dello spirito, in arte come altrove, se si fa astrazione delle poche luci mistiche agitate qua e là nell’oscura ed illusoria vicenda della storia e del mito, è ancora tutto da inventarsi: un metodo astratto, un metodo non pratico, della purità e della libertà. (4)

Ma ogni ricerca è malattia. Chi non ha, cerca: convulsione isterica e vana della superficie che nella coscienza di esser tale aspira a qualcosa fuori di sè. Ogni metodo è segno di decadenza e di corruzione: inutilmente i bruti folli spezzeranno le loro unghie contro la levigatezza inesorabile dell’altissimo granito bianco che li serra.
La libertà, la proprietà, è un momento mistico d’illuminazione: una grazia: è, appena pensata, appena pronunciata, essa è già cosa morta, cade scorza sporca ed estranea nella terra dei bruti e dei mercanti.
E qui, sulla soglia, le parole si smorzano, incomprensibilmente…
Il metodo mistico in sè stesso si contraddice: ma appunto per questo, perchè in contradizione colla coscienza superiore, e deve essere, in quanto metodo, necessariamente cosa pratica, esso non si contradice: esso è utile, ossia reale e a causa dell’esistenza /se accettata/ della rappresentazione.

Menschlich, allzu menschlich
NIETZSCHE

Arte è egoismo e libertà.
Sento l’arte come una elaborazione disinteressata, posta da una coscienza superiore dell’individuo, transcendente ed estranea perciò dalle cristallizzazioni passionali e di esperienza volgare.

Il sentimento estetico va posseduto come ombra mistica; dall’altro lato, come una vitale Weltschauung: filosofia, arte, morale, esperienza volgare, scienza, tutto ciò deve esser fuso ed in uno risolto nella proprietà indeterminata del momento estetico. Esso si baserà sul volere fondamentale /pura volontà di vivere/ anzi che sulla forma e sull’agitazione fenomenica.

La sincerità /egoismo passionale, umanità o brutalità: LEOPARDI, DANTE, DIONISIO/ è categoria per cui l’arte diviene forma inferiore e pratica; ossia non-arte. Chi è sincero non è originale, nè creatore; chi è sincero è oggettivo, e automa irragionevole di una forza scatenata /inerzia/ di cui egli non sa nulla. Il valore umano che ne può derivare, è, implicitamente od esplicitamente, convenzionale.

Così il genio è una convenzionalità: il genio è una funzione della cultura e dell’educazione sentimentale, entrambi pratiche /passionali ed utilitarie/; che altrimenti dovrebbe esser genio l’autore dei FANTÔMAS e PONSON DU TERRAIL al luogo di MICHELANGELO e di WAGNER. Necessità!: poter affermare dopo le determinazioni pratiche poste dalla cultura, che DANTE non è un genio, è assurdo come affermare che la somma degli angoli interni di un triangolo è differente da 180 gradi, dopo aver accettato il postulato di Euclide. L’universalità della comprensione del genio rispecchia l’universalità della cultura generica, inconsciamente passionale ed utilitaria: ossia un’incrostazione calcarea, senza che in nulla si possa parlare di reale necessità spirituale.
Ma pur possono esistere, con eguale legittimità, delle geometrie non-euclidee. Per me, ad esempio, son genio SCHÖNBERG e TZARA al luogo di WAGNER e DANTE.

Ad esser sincero, costa poco: si ha! Tutta la fatica è esprimere: ossia virtuosismo, abilità tecnica. Fatica ed è molto la bandiera agitata dal vento!

Ma occorre invece saper non vedere, non trovare, non avere: porsi nel nulla, freddamente, sotto una volontà lucidissima e chirurgica.
E questo è per la prima volta creazione : egoismo e libertà!

Il nuovo in arte !
Il mio amico MARINETTI ha la sua sensazione, e me la esprime in parole in libertà. Un accademico ha avuto un’altra impressione, dal lato umano affatto identica alla prima, ma la esprime in rettoriche ed imagini mitologiche. Infine un realista pensa invece di dare adeguatamente questo episodio d’umanità per mezzo di una fedeltà oggettivo – convenzionale.

VERDI vuol dare, mettiamo, una scena d’amore: adopera la nota contadinesca melodia; DEBUSSY, per la stessa intenzione usa l’armonia più raffinata; un selvaggio, ancora a tal fine, troverà invece convenienti forse i gongs ed i legni. Ora tutta questa gente è tutta in buona fede, è tutta d’accordo: meglio non lo potrebbe essere: essi pensano che un certo mezzo espressivo valga, meglio di un altro, a dare quell’elemento /bisogno/ che è in loro, e che in loro è comune: ed anche in questa credenza sincera sono d’accordo: su quel fondo immobile che non ha variato da APELLE a BOCCIONI, da OMERO a RIMBAUD, da ORFEO a STRAWINSKY, e che tanto più affermerà la sua ironica immobilità per quanto più, in buona fede, si cercheranno nuovi /più adeguati/ mezzi d’espressione.
L’impulso al nuovo, in tal senso, è dimostrazione di umanità, di abnegazione maggiore: affogamento della personalità all’infinito. Finchè vi sia ispirazione, sentimento, buona fede e sincerità, nessuno è uscito, nè uscirà mai, da quel cerchio in cui son rinchiusi altresì il bruto e l’allucinato.
Per il nuovo /l’individuale/ occorre agitare il contenuto, il substrato, oltre le onde illusorie delle superfici: ossia, occorre la volontà a base del sentimento estetico. Oltre l’uomo, creare il senso dell’Unico. Là dove l’arte può salvarsi, e lasciar vedere – come per silenziosi lampi notturni, immense e bianche città insospettate – il fluire della coscienza superiore, è là dove l’arte è al disopra della naturalezza, del sentimento, dell’umanità: au dessus de la melée: là dove è fatto egoistico ed espressione coscientemente arbitraria ed, in uno, freddamente voluta, di uno stato di estraneità, di morte vivente.
MARINO è più spirituale di DANTE.

Espressione:

1) Necessitti dell’espressione.
2) Possibilità di espressione.

1) Non vi è ragione logica nell’esprimere: se lo si fa, si è bufloni e prostitute nell’esibizione sporca delle proprie nudità per la foia della passione altrui. L’artista sincero che, naufragante nel “divino istante”, dell’ispirazione, quasi in preda ad una febbre indomabile, crea la ” vera ” opera d’arte, ed il cane che salta sulla cagna e la monta, sono la stessa cosa.
L’obbedire al dolce invito dello “spirito della natura”, all’irruzione torrida delle proprie forze in contrasto colle contingenze esterne, all’esalazione detumescente del proprio pathos più o meno voluttuosamente piagato, ai ritmi brutali della materia “realtà esterna” /parlo dei naturalisti: GOETHE; dei romantici: HUGO; degli eroici: WAGNER, DANTE; dei patetici: BEETHOVEN, KEATS; dei sensoristi; DIONISIO, MATISSE /è obbedire ad un bisogno materiale – orinare, sudare e mangiare che vernicia in oro l’illusione della spiritualità passionale – con produzione invariabile, oltre ai migliori travestimenti /l’artista fa l’arte per sè, e di commedianti, e di orizzontali a cui spesso non si dà nemmeno una paga.
2) Non si possono esprimere che elementi di un’ arte inferiore: i mezzi espressivi, simbolici e determinati in ogni caso servono per il mercato, per la pratica BERGSON e sono assolutamente incapaci a tradurre movimenti puri ed intimi del individuo. Espressione sarebbe trasformazione dell’elemento puro in elemento convenzionale ed umano: dell’elettricità in luce elettrica.
Esprimere e uccidere.

Dunque non si può nè si deve esprimere.

Vale a dire che l’opera d’arte può esser soltanto concepita come un lusso, come un capriccio del volere: si sentirà secca e sporca crosta caduta indifferentemente e senza passione dal vivo tronco.
Far dell’arte così come si prende un tè …

È evidente che il numero di persone che posso scuotere e convincere colla mia arte è inversamente proporzionale al grado di purità e di originalità di quest’arte stessa.
É necessario non farsi capire.

Schematizzando, un’arte spirituale occorre che superi:
1) Lo stato della concezione concettuale del mondo /forme dell’esperienza volgare/. Due vie:
a) Estetica mistica: far della pratica spettacolo, oggetto di contemplazione: rendersi estraneo, disinteressarsi. La personalita va sdoppiata in un io pratico che agisce in inerzia, e nell’altro io che, apatico spettatore, assiste senza entusiasmo ad una commedia irreale su cui, ad un suo cenno, può cadere l’immenso sipario di velluto nero. Cosi il ponte lascia sotto di sè il passaggio monotono e senza colore della corrente.
b) Estetica brutale /antispirituale/: abbandono totale dell’io pratico all’elemento intensivo insito nella sensazione pura /soggettiva/; così le determinazioni dell’esperienza pratica vanno disciolte nella vita dinamica di un ritmo orgiastico ed incoerente.
Accenni dei due metodi sono: (1) per a) estetismo e misticismo estatico; per b) sensorismo, futurismo, RIMBAUD. (2)

2) Lo stato della spiritualità generica: superare tutti i sentimenti ” superiori”, tutto quel che è “delicato sentire”, ” nobile passione”, “grandezza” ed “eroismo”; tutto quello insomma che in liceo, in scuola di belle arti e fra signorine romantiche si pensa costituire la fine fleur della vita interna e che invece e secrezione sporca di malattia, di vigliaccheria, di femminilità spirituale; e sopra tutto, d’incoscienza. Ridere della sentimentalità e dello spirito della natura da provinciali tedeschi tipo Werther, delle voluttuose blenorragie cardiache alla SHELLEY e LEOPARDI, dei goffi eroismi sudati alla Hugo e BARBUSSE. Sentir lontano ogni romanticismo, dal classico al nuovissimo tipo NIETZSCHE o IBSEN, eterna conseguenza dell’esaurimento della personalità in una coscienza inferiore e superficiale. Porre finalmente l’aspiritualità delle cose spirituali: superiori, divine, umane, che si vedranno irrimediabilmente superate e che si sentiranno sporche croste di malattia cadute per sempre dal puro corpo di luce.

3) Lo stato della naturalità dell’espressione, secondo quanto si è detto. Il sentimento estetico verrà concepito come senso dell’intima attività, onde cadrà la necessità dell’espressione.
L’arte si concepirà solo come lusso, come un chiaro capriccio dell’individuo che ha trovato e realizzato sè stesso, l’Unico, per la prima volta; e che ha la vita di tutti i giorni come un solo spettatore, in platea, ha un immane e pur fragile spettacolo che ad ogni istante ha la possibilità di inabissarsi e sciogliersi per sempre nell’ ineffabile gelidità ardente della coscienza superiore.

L’arte deve essere in mala fede. È più morale lucidarsi le unghie che far dell’arte; l’espressione d’arte, presso l’individuo sano, non può prendere mai tanto interesse quanto la scelta di calze di seta o di una cravatta.

Evidentemente, perchè disinteressata, l’arte deve esser priva di ogni contenuto usuale: in quanto esprime tutto, essa non deve significare nulla: non vi deve esser nulla da comprendere, nell’arte …

L’arte, pura espressione… Quando l’arte ha un contenuto, è strumento: zappa, tornio, ventilatore…

Il puro sentimento estetico è sentimento interiore ed inesprimibile e dei mezzi espressivi presi nelle loro infinite possibilità astratte, nel loro valore assoluto disinteressato /senza contenuto nè fine/.
L’arte è una: esser puri poeti, puri pittori… Superficialità e povertà del cristallo che si sente faccia, spigolo, e non sostanza, cristallo… Per chi possiede il sentimento estetico, il mezzo espressivo non è che un accidente. SCHOPENHAUER e NIETZSCHE, nell’esaltare la superiorità della musica, hanno dimostrato di esser incapaci a comprendere le altre arti: perciò l’arte stessa, forse…
Chi possiede un solo mezzo espressivo, non è artista….

L’arte modernissima è la più vicina, sebbene non ne abbia quasi avuta coscienza, a qualcosa di spirituale. L’arte, forse, comincia oggi.

Elementari psicologici dell’arte moderna:
1° Insensibilità all’umano: malgrado l’opera deleteria della cultura, oggi son divenute più rare le possibilità d’abbandono e di esaurimento del senso universale; causa, in parte, può esserne stata l’incremento subito della pratica, della conoscenza positiva e della raffinatezza artificiale /modernità, scienza e corruzione/ nella volgare vita d’oggi.
2° Ora l’opera d’arte classica, spogliata dall’elemento umano, resta uno schema formale collegato al tempo: quindi era naturale che venisse negata, in quanto passione fuori di moda, e venissero anche negati gli elementi che pretendevano mantenerla fuor dal tempo /accademismo, critica, teoria dei valori assoluti, ecc./. Se si esce dall’universale, si è nella pratica volgare: nella pratica, per coerenza, non si ha ragione di esaurirsi che negli elementi attuali: ecco la modernolatria /futurismo/.
3° A ciò si aggiunge un ripiegamento egoistico: soggettivismo ed individualismo; con la nascita di una coscienza nuda, gelida, desolante: crepuscolo degli idoli. Nello spirito, agonia del sentimento; nella pratica, traslazione del centro all’elemento priordiale dei sensi /idealismo sensoriale, soggettivismo orgiastico/.

Lo Sturm und Drang si iniziò con un tuffo nel brutale a titolo di purificazione: dopo di che sarebbe stato possibile rialzarsi verso una nuova idealità. È significante in proposito la contiguità cronologica dei veristi coi simbolisti.
Tale inizio è caratteristicamente svolto dalla pittura: impressionismo, primitivismo, post-impressionismo, futurismo: l’umanità spostata al tremolio della luce intorno alle cose ha implicitamente uccisa tutta la tradizione classica; un po’ meno dalla musica /MUSSORGSKY, fino a DEBUSSY, RAVEL, CASELLA, STRAWINSKY/. Qui, dunque, il tema dell’arte è posto nella realtà pura dei sensi /idealismo sensoriale. Poi vennero i distruttori metodici: in tal campo, il futurismo italiano si distinse per audacia e per la violenza del motivo purificatore; dopo RIMBAUD, MARINETTI, colla teoria delle parole in libertà /sostituzione delle forze brute della materia all’ “io” letterario: osessione lirica della materia/, STRAWINSKY e BOCCIONI portarono la soluzione di sanità del problema, abbandonata da DIONISIO sino ad oggi.
Soltanto c’è che, per far qualcosa di realmente decisivo, si doveva superare anche, e per prima, l’umanità; cosa questa di cui i primi fra questi nuovissimi romatici non si curarono affatto: ora l’automobile al posto della Nike samotrace è evidentemente una umanità al posto di un’altra; e non sono da superarsi le umanità, bensì l‘umanità.

Ma talvolta, nel lavoro, l’artista, più che interessarsi ddl’elemento di nuova umanità da esprimere, andò ad inebbriarsi del mezzo espressivo preso in sè stesso. Cosi, miracolosamente, egli venne a trovarsi fuor dal cerchio, e si iniziò la nuova via verso l’arte pura: ché nel senso assoluto della forma è posseduta la pura necessità che pone l’ artista in quanto tale, e quindi la stessa estetica priordale.
Tale evoluzione si svolse nitidamente presso agli analogisti: prima l’imagine va ad allungare il suo rapporto con il contenuto, e si ha l’analogismo propriamente detto, espressione per mezzo di vaghe simpatie /VERLAINE, KAHN, GIDE, LAFORGUE, MOSCARDELLI/; poi lo spezza ed in se stessa chiude la sua realtà. Da quel punto prendono le mosse le due ultime elaborazioni.
Nella prima l’imagine staccata s’inebria nel suo potere evocativo sentimentale, in modo che la poesia di viene una pura sinfonizzazione dei secondi termini delle analogie, e quindi ha raggiunta la spiritualità passionale astratta propria della musica. Tale tendenza partì dal preraffaellismo, poi, passando per WILDE, si realizzò totalmente in MAETERLINCK. Le Seras chaudu di MAETERLINCK rappresentano il grado più alto a cui e giunta finora la purità passionale in poesia. In pittura, parallelamente, si passava all’espressionismo KANDINSKY, BAUER/. Analogamente in musica è il valore o senso armonico che prende il sopravvento sino ad una graduale soppressione di ogni etmtenuto sentimentale; così, in parte, SCHONBERG, CASELLA, SATIE; meno, STRAUSS.

Nell’ultima elaborazione, infine, l’imagine /il mezzo espressivo/ si spezza nei singoli elementari, diviene incoerente ed illogica, ed, abbandonando anche il suo vago potere evocativo sentimentale, si esaurisce nella sua necessità arbitraria. Cosi la poesia diviene disinteressata, asentimentale, ed anche in parte, aumana. L’elemento di corrispondenza realistico-concettuale che, implicitamente, permane, si trova risolto in una totale inversione del rapporto classico: “il contenuto è l’espressione della forma, non la forma e l’espressione del contenuto“.
E così, dopo la convulsione isterica di umanità di RIMBAUD, /alchimie du verbe/, MALLARMÉ ed APOLLINAIRE vanno a socchiudere le porte di questo nuovo mondo; subito dopo irrompe la luce con TRISTAN TZARA e colla scuola, da lui fondata, del Dadaismo. E qui l’arte ha, finalmente e per la prima volta, trovata la sua soluzione spirituale: (7) ritmi illogici ed arbitrari di linee, colori, suoni e segni che sono unicamente segno della libertà interiore e del profondo egoismo raggiunto; che non so n mezzi che a sè stessi; che non vogliono esprimere nulla, completamente. (8) Qua e là è superata altresì la stessa necessità di espressione. L’arbitrio e il capriccio son realizzati: MARCEL DUCHAMP fa un quadro Dada con una riproduzione della Gioconda con in più un paio di baffetti e una formula chimica; FRANCESCO PICABIA fa una Sainte Vierge colla macchia d’inchiostro di un calamaio rovesciato; un altro fa un poema col défilé delle 24 lettere dell’alfabeto.

Il “Manifeste Dada 1918“, ed i “25 poèmes“, di TRISTAN TZARA, i legni di HANS ARP rappresentano l’espressione dello stato più alto di purità, di coscienza e di proprietà dell’intimo e profondo Io, che mai si sia avuto dall’inizio dei tempi fino ad oggi.
Oggi, dopo la guerra /e questo anche ne prova la causa sentimentale e pratica/, a lato, v’è la moda del ritorno: PICASSO, CARRA, SOFFICI… Gente incurabilmente intossicata di umanità, che l’arte moderna non seppe vivere che come una nuovo accademia come era reso necessario dalla loro inferiorità fondamentale, ama vedere lo Sturm und Drang degli ultimi decenni come stato meramente transitorio, e vi dà un valore solo in quanto essa pensa che abbia servito a ricondurre ad una umanita nuova, più vasta e più ricca per le varie esperienze acquisite.
Viene un senso di pietà, quando li si sente dire: – Oh, ma questi «tentativi», queste «esperienze sentimentali» son già passate, le abbiamo già esaurite e superate… –

Si chiama spirituale uno, quando giunge a comprendere l’umanitá di DANTE, di MICHELANGELO, di WAGNER. Oh, se ne avete pane da mangiare prima di arrivare fin dove noi siamo…

L’arte astratta non potrà essere storicamente eterna ed universale: questo, a priori – PLOTINO, ECHKHART, MAETERLINCK, NOVALIS, RUYSBROECK, SVENDEMBORG, TZARA, RIMBAUD…. Tutto ciò non è che un breve, raro ed incerto balenare attraverso la grande morte, la grande realtà notturna della corruzione e della malattia. Parimenti, la rarità delle gemme indicibilli fra le enormi gange fangose.
Arte d’eccezione, arte fuor del tempo…

L’arte moderna cadrà ben presto: appunto questo sarà il segno della sua purità; cadrà più che altro, per essere stata realizzata con un metodo dall’esterno /per una graduale elevazione dalla malattia su motivi in parte passionali/ anzi che dall’interno /mistico/.

Ma, ancor oggi, per un istante, si é aperta l’eterna volta di piombo oscuro e piagato al puro infinito azzurro.

Note

(1) Rimbaud.
(2) Cfr. SPINOZA.
(3) KANT: ” Lo Stesso Io non è pensato che in quanto affetto”.
(4) NOVALIS: “La poesia è la grande arte di costruire la sanità trascendentale. Il poeta è per questo un medico transcendentale. Il fine dei fini della poeta è l’innalzamento dell’uomo sopra sè stesso.
(5) Cfr. sentimento dionisiaco ed apollineo in Die Geburt der Tragödie di NIETZSCHE.
(6) “Le poète se fait voyant par un long, immense et raìsonné dérèglement de tous les sens”.
(7) In via rigorosa, rimane ancora nel dadaismo attuale /1920/ un’imperfezione di coscienza: i Dada pensano di aver realizzata una purità vitale mentre, per l’abolizione delle categorie e dell’umanita, essi in realtà sono andati molto più oltre. Il dadaismo difetta dell’interpretazione mistica.
(8) ” Vous ne comprenez pas, n’est-ce, ce que nous faisons. Eh bien, chers amis nous le comprenons encore moins”. /Manifeste Dada 920/.

Condividi:
Segui Julius Evola:
Ultimi messaggi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *